Per creare “Smart City” in linea con la società post Covid, è indispensabile sapere da dove si parte, dove si intende arrivare e, soprattutto, come fare per arrivarci. La crisi ha dimostrato che il design urbano intelligente deve concentrarsi sulla qualità della vita, le città dovrebbero concentrarsi anche sulla coesione sociale. Le misure anti Covid comporteranno l’abbandono del turismo di massa a basso costo, una più agguerrita concorrenza online da parte del tradizionale commercio al dettaglio, la riprogettazione del trasporto pubblico, nuove interazioni negli spazi verdi.
Sinergie tra territori con le smart city
Durante la pandemia, l’interrelazione e la dipendenza dei territori sono diventate evidenti; pertanto, i collegamenti dovranno essere rafforzati, in modo da creare sistemi più efficienti.
In molti casi, la pandemia ha accelerato la digitalizzazione dei servizi, soprattutto nelle aree più colpite, seppur a macchia di leopardo. Se da un lato l’emergenza sanitaria ha messo a dura prova le grandi città, dall’altro ha infatti impresso una notevole accelerazione verso dinamiche lavorative ibride e all’ampliamento di servizi tipici di una smart city: delivery, smart working, e-learning, monitoraggio degli spostamenti, nuova mobilità. Questi fattori combinati muteranno gli assetti e gli equilibri sociali e geografici; alcuni studi evidenziano la tendenza dei centri urbani piccoli o medi ad essere più appetibili, in virtù dei minori spostamenti necessari ed alla migliore qualità della vita.
Ripensare i modelli di smart city
Ripensare i modelli di smart city e ricercare ambienti più consoni alla vita sociale, iniziando dalla riorganizzazione del trasporto pubblico, nell’ottica di renderlo sicuro tanto quanto quello privato; potenziare quello pendolare in linea con la crescente fuga dai grossi centri in ottica smart working; rafforzare l’infrastruttura tecnologica e di rete, per supportare carichi e picchi di utilizzo; ampliare i servizi della pubblica amministrazione fruibili a distanza. Questo perché, stiamo vivendo un momento storico che ci porta a considerare modelli nuovi di gestione delle città. Diversi da quelli adottati finora proprio per l’inserimento di una variabile non prevista come la pandemia. La progettazione di smart city si tradurrà in un continuo adattamento. Dove le nuove tecnologie costituiranno le leve strategiche per migliorare la qualità, le prestazioni e l’interattività dei servizi, la riduzione dei costi e il consumo di risorse. Oltre all’ottimizzazione delle relazioni tra cittadini e operatori della città. La chiave vincente per la costruzione di smart city consiste, quindi, nell’adozione di pratiche sostenibili dal punto di vista economico, energetico, ambientale e sociale. Il che implica una gestione cooperativa e inclusiva della società e del territorio.
Resilienza e smart city
Gli spazi urbani diventano più fruibili ed efficienti grazie a progetti realizzati in tutto il mondo. Se le nostre città fossero state più intelligenti, più smart come oggi si usa dire, la seconda ondata della pandemia non ci avrebbe ridotti nelle condizioni in cui siamo. Lavoro, mobilità, accessibilità, connessione. Tutto sarebbe stato più fluido e controllabile e, quindi, la riorganizzazione della vita quotidiana, nel pieno rispetto delle regole anti-contagio, sarebbe stata molto più agevole e accettabile.
Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che gli effetti del coronavirus si fanno sentire tanto più quanto maggiore è l’inquinamento atmosferico. Primo problema che ogni progetto di città intelligente punta a risolvere, elettrificando sistematicamente ogni attività energivora, dalla mobilità al condizionamento degli edifici.
Un problema già affrontato
Il tema non è nuovo e già molti colossi multinazionali vi si applicano, sviluppando nuovi prodotti o progetti “chiavi in mano”. È un mercato che vale quasi 300 miliardi di dollari l’anno. Ma che fin qui si è sviluppato principalmente in Asia e negli Stati Uniti, aree in cui è ancora possibile disegnare una città a tavolino. Un esempio? Il progetto NEOM, in Arabia Saudita, tra il Mar Rosso e il Golfo di Aquaba: una città da un milione di abitanti, in pieno deserto, energeticamente autosufficiente e a emissioni zero; costruirla costerà 500 miliardi di dollari.
Ma la novità attesa per il post-coronavirus, è l’applicazione del concetto di smart city ad aree urbane già consolidate, come quelle europee. Tutti coloro che si occupano di questo tema, concordano sul fatto che nei prossimi 6-7 anni sarà l’Europa a tirare la volata. Un po’, in risposta allo choc della pandemia. Un po’, in seguito all’approvazione del Green Deal Europeo, rafforzato dai finanziamenti del Recovery Fund, che darà origine al Next Generation Plan. L’Europa si rinnoverà, certamente e si avvarrà di un mercato globale che dovrebbe salire a oltre 390 miliardi di dollari entro il 2027. Coinvolgerà hardware, servizi e software, nei settori del trasporto pubblico e privato, della logistica, delle multiutility, dell’energia, dell’istruzione, della sanità, della sicurezza e dell’edilizia.
Ma cosa si intende, concretamente, per smart city?
Il colosso svizzero svedese ABB ha provato a rappresentarlo in uno strumento interattivo (https://abbsmartsocieties.com/) messo in rete in occasione della Giornata Mondiale delle Città, promossa dall’Onu. Lo strumento riproduce, scomponendoli, gli elementi tecnici collettivi che possono contribuire alla progettazione di una “città intelligente” globale. Gli edifici residenziali e i siti industriali sono connessi, autoproducono gran parte del loro fabbisogno energetico e rispondono al massimo livello di efficienza energetica. La mobilità pubblica elettrica, i veicoli sono prevalentemente condivisi, connessi, e supportati da una capillare rete di ricarica.
Smart city ed energia
La gestione energetica si basa sull’insieme di diverse fonti rinnovabili e una produzione diffusa messa in rete e mantenuta in equilibrio da grandi sistemi di accumulo e stoccaggio. Di cui sono parte gli stessi veicoli collegati con tecnologia Vehicle To Grid. Una tecnologia che permette di trasformare le auto elettriche da semplici mezzi di trasporto a vettori energetici capaci di scambiare energia elettrica con la rete, nei momenti di non utilizzo.
E l’Italia a che punto è?
Il rapporto CittàMez di Legambiente e Motus-e registra passi avanti significativi, almeno nella mobilità urbana. Purtroppo, il Covid ha interrotto la crescita nell’utilizzo del trasporto pubblico. Ma l’incremento della mobilità leggera condivisa e una migliore combinazione di modalità green come bici, monopattini, scooter elettrici e sane passeggiate, è (e, sempre di più, sarà) di stimolo per lo sviluppo della mobilità a zero emissioni. In linea con progetto e sviluppo delle Smart City.