Ormai avremmo dovuto essere entrati in una fase storica caratterizzata da qualche certezza in più rispetto al recente passato. Una tra tutte, l’adozione di politiche vaccinali definite e portate avanti con trasparenza ed energia. E invece niente, sembra proprio troppo difficile avere qualcuno che si prenda la responsabilità di dare delle indicazioni chiare. L’ultima proposta che si può leggere sui giornali è di lasciare alle persone la libertà di scelta tra Astrazeneca o Pfitzer per la seconda dose. La domanda che tutti dovremmo porci è: sulla base di cosa? Quali informazioni di qualità possono avere le persone che un gruppo di tecnici non possa fornire?
La polemica è strumento di crescita sociale
Non si possono dare tutte le colpe al Governo: gestire un argomento scottante come quello dei vaccini è opera difficilissima. Tante persone sono spaventate, un po’ per dubbi legittimi, un po’ per comportamenti scriteriati di leader politici e influencer vari che hanno instillato preoccupazioni oltre i livelli di ragionevolezza. Obbligare forzosamente le persone ad essere vaccinate è infattibile: la riuscita del piano passa per l’educazione e la condivisione, su questo non ci sono dubbi. Ma tra il diritto di autodeterminazione delle scelte riguardo alla propria salute e la voce in capitolo sulle modalità della stessa la differenza è abissale. Pensare che la preoccupazione per le polemiche e per l’eventuale scarsa aderenza ai piani vaccinali proposti guidi le scelte di governo significa certificare l’abdicazione dello Stato e della scienza a favore di una vox populi incontrollata. Le polemiche e i conflitti fanno crescere la società, ma solo se non raggiungono un livello tale da bloccarla o, ancora peggio, abbatterla.
L’incertezza e il disagio psicologico
Lo abbiamo scritto tante volte: una delle fonti di maggiore disagio, ansia e stress è l’incertezza. Dare un messaggio come quello della possibilità di scelta sulla tipologia di vaccino non può fare altro che aumentarla. Perché una persona dovrebbe poter scegliere? Se esistono dati ragionevolmente sufficienti sulla sicurezza di un farmaco (ovviamente i margini in questo specifico frangente storico sono diversi rispetto al passato), allora questo viene somministrato. Se esistono gruppi di genere o età che possono avere controindicazioni statisticamente significative, allora se ne somministra un altro. Se i dati sul rischio associato a un farmaco sono inferiori alle soglie tollerate per ogni altra terapia, allora si fa una campagna di informazione. Sulla base di quali informazioni una persona con conoscenze e competenze “normali” potrebbe sapere cosa è meglio per sé in termini farmacologici? La verità è che dando questi messaggi forse si possono calmare alcuni animi particolarmente accesi e tranquillizzare temporaneamente un po’ di persone preoccupate, ma alla lunga si instilla il dubbio che chi propone vaccini e terapie non sia convinto o consapevole di ciò che fa. Una situazione di questo tipo non può che diffondere ansia e disagio: proprio quello di cui non abbiamo bisogno.
Responsabilità individuale e sociale
Oltre alla diffusione dell’ansia, c’è un altro problema: la condivisione delle responsabilità con chi non dovrebbe averne. Se qualcosa andasse non per il verso migliore, si darà la colpa a chi ha scelto il piano vaccinale che, col senno di poi, si fosse rivelato meno efficace? Ragionando in termini scientifici dobbiamo essere consapevoli che molte cose verranno osservate nel tempo e che la proposta di piani vaccinali e terapeutici è fatta su una stima di costi/benefici e di possibili rischi. Nessuno ha il 100% delle certezze in mano, chi lo dice mente o non ha idea di come funzioni il metodo scientifico. In Inghilterra ad esempio, dove è stata favorita la diffusione di prime dosi rispetto ai richiami, sembrerebbe esserci un aumento di contagi per via della variante Delta ma una decrescita nei decessi. Questo non si poteva sapere prima, così funziona il processo di costruzione di conoscenza scientifica; ma almeno si è diffusa l’idea che lo stato avesse piano e ci fosse una ragione per fare le cose in un certo modo rispetto ad altri possibili. Queste scelte sono state fatte da studiosi e politici che devono assumersi la responsabilità delle loro azioni: è il peso del ruolo che ricoprono.
Dando la possibilità di scelta alle persone, le si carica anche del peso delle conseguenze? Questo non deve assolutamente accadere, sarebbe una grande ingiustizia. La ricetta giusta non esiste, non fa parte del periodo storico che viviamo, ma almeno chiarezza e trasparenza sono elementi fondamentali che devono essere pretesi da tutti e garantiti dallo Stato. In questo modo potremo cercare di superare questo momento contenendo i danni e salvaguardando l’integrità sociale del Paese