Smart Working. Espressione entrata nel nostro linguaggio quotidiano rinforzato da questo ultimo anno e mezzo di pandemia. Ma davvero quello che molti lavoratori hanno vissuto in questi mesi può essere definito così? Ormai scenari di un progressivo ritorno alla normalità, o meglio, a una “nuova normalità, prendono sempre più forma. E mentre l’Italia si tinge di bianco, le aziende si chiedono come (e se) riprendere il lavoro così come concepito nelle ultime decadi o se abbracciare nuove frontiere.
Aziende e smart working
Le grandi aziende tech si dividono: Facebook concede lo smart working a tempo indeterminato, Apple invece preferirebbe un approccio “ibrido” con almeno tre giorni in presenza. Qui insomma si aprono diversi scenari: da uno studio di Cisco l’89% degli intervistati, per comodità e sicurezza, preferirebbe il lavoro da casa, ma dallo stesso studio emerge che il 98% degli intervistati lamenta una profonda frustrazione riconducibile a problemi audio, video e di piattaforme e strumenti non adatti a questo tipo di modalità. Una bella gatta da pelare per ogni imprenditore che si troverà a prendere decisioni immediate con effetti a lungo termine, tenendo conto non solo dei vantaggi e degli svantaggi per l’azienda ma anche per la persona. Questioni di domotica, tecnologia, impatto psicologico, accesso alle reti, cambiamento del mercato.
Se si azzardasse un bilancio degli effetti dello smart working?
Non è semplice, i dati sono “giovani” e meritano un approccio evidence-based e un aggiornamento costante mentre si osserva un fenomeno e un processo come questo che, di fatto, è in continua evoluzione. I dati diffusi da Smart People Srl – società benefit con la mission di migliorare la qualità della vita usando scienza e tecnologia – in seguito all’analisi dell’evidenza scientifica sullo smart working relativa agli ultimi anni, dicono che questa modalità di organizzazione del lavoro ha effetti positivi tra i quali: contribuire ad aumentare il benessere individuale, infatti, da una metanalisi di 43 studi sperimentali emerge che lo smart working è associato ad una maggiore salute individuale e soddisfazione per il proprio lavoro. Secondo un altro studio del 2020 il lavoro agile è uno strumento utile per bilanciare la propria vita professionale e personale, variabile sempre correlata al benessere dei lavoratori.
Lo smart working, inoltre, porterebbe ad un aumento dell’impegno dei propri collaboratori e ad aumentare le performance (secondo uno studio del 2015, di ben il 13%, senza ulteriori interventi), oltre che a diminuire l’assenteismo e il turnover con evidenti conseguenze dirette e indirette sui bilanci (e non solo!) delle aziende.
Gli studi
Oltre a quanto fin qui elencato, altri studi evidenziano alcune problematiche emergenti derivanti da questa modalità di lavoro. Per esempio si osserva come sembrano aumentare i fattori di stress derivanti dalle tecnologie, i quali hanno un influsso anche sulla vita familiare e di coppia. O, ancora, problematiche relative alla percezione del lavoratore stesso che può esperire isolamento e frustrazione. Infatti è da considerare la gestione della distanza fisica dal luogo di lavoro che, inevitabilmente, influisce sulle relazioni interne se sono state gestite adeguatamente. O ancora potrebbe essere una modalità che evidenzia le differenze di genere e socio-economiche.
Smart working ed esperienza personale
In tema di smart working viene spontaneo fare riferimento alla propria esperienza personale. Per chi lo ha vissuto e, in seguito all’esperienza pandemica, le reazioni sono contrastanti. Nonostante una ricerca dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano del 2020 sono il 78% gli europei che vorranno continuare ad utilizzare modalità di lavoro da remoto anche dopo la pandemia. Sono ancora molti a lamentarsi per diversi fattori. In effetti sullo studio milanese si fa riferimento al contesto europeo, diverso a seconda delle nazioni, Italia compresa.
Il parere dello psicologo
“L’esperienza pandemica ha messo in luce molte inadeguatezze della cultura del lavoro italiana”. Specifica Elena Ghersetti, psicologa del lavoro. “Le aziende si sono trovate in difficoltà nella gestione delle loro persone (che è diverso da “personale” ndr) perché poco abituate a dare autonomia e fiducia. Sono mancate le strumentazioni tecnologiche e le competenze tecniche ma soprattutto trasversali per affrontare il cambiamento. Questa esperienza può trasformarsi in un trampolino di lancio per aumentare la performance aziendale e cambiare la cultura organizzativa. E’ saggio puntare sulla formazione sia dei dipendenti che dei leader e del management. E sulla reingegnerizzazione dei processi aziendali verso una visione più smart e meno passiva”. La cultura organizzativa infatti fa riferimento ai valori su cui l’azienda si fonda e opera. Stiamo parlando quindi di dimensioni aziendali “profonde” che necessitano anche molto tempo per essere modificate.
L’emendamento
Ma al di là di ogni considerazione e del settore di riferimento, è fresco di approvazione l’emendamento dalla Commissione Affari sociali della Camera al disegno di legge di conversione del decreto Riaperture con proroga dal 31 luglio 2021 al 31 dicembre 2021. Per la possibilità di ricorrere allo smart working semplificato per i datori di lavoro del settore privato. Con tutte le perplessità e le considerazioni del caso, i mesi scorrono in fretta. E, da quanto emerge ad oggi, dal primo gennaio 2022, gli scenari inevitabilmente cambieranno.
Complimenti. Tutto chiaro ed esaustivo.