Sembrava che vedere il Canal Grande di Venezia piatto e senza moto ondoso e manco una barca in transito, piazza San Marco ridotta a una specie di deserto africano, il ponte di Rialto vuoto e attraversato senza intralci di turisti sudaticci, fosse una dura lezione per ripensare la città.
La morale era servita sul piatto dei catastrofisti: non si può vivere di solo turismo, l’economia della città va ripensata come una rivoluzione copernicana. Ripartiamo dalla maledizione pandemica. E invece…
Parte la prima grande nave, MSC Orchestra, 330 metri per 110 mila tonnellate per capire che la musica non è cambiata. Tutto torna come prima. Barche No Grandi Navi che protestano in Bacino, lavoratori del porto che esultano per il ritorno alla normalità. Calli intasate alle Mercerie. Basta un primo week end di primavera per assistere all’arrivo di 60 mila turisti, garages esauriti, Ponte della Libertà in tilt. Moto ondoso in aumento, tipo mare forza 3 in Canal Grande. Per il momento la sola novità tecnologica è la Smart control room, capace di fornire in tempo reale le presenze turistiche. Colpa degli inseparabili telefonini spia.
Facciamo un bilancio da vere cassandre lagunari
Problemi e realtà pre-Covid: 1) spopolamento e invecchiamento centro storico. Residenza con centinaia di case vuote; 2) Mose ancora sperimentale dopo 20 anni e la più costosa opera di salvaguardia italiana di tutti i tempi. Eustatismo e subsidenza fenomeni incontrovertibili; 3) porto dentro o fuori della laguna? Destino della Marittima; 4) messa in sicurezza della Basilica di San Marco a rischio serio sgretolamento colonne e marmi; 4) i danni del turismo di massa, usa e getta; 5) la svendita immobiliare e di licenze della città tra acquisti cinesi, migliaia di B&B e locazioni turistiche; 6) la crisi di Porto Marghera. Quale destino per 2000 ettari?
Altri temi li tralasciamo per carità di patria, come la necessità di restauri periodici conservativi ai monumenti e alle residenze bloccati da una Legge speciale ferma ormai da trent’anni. La manutenzione dei canali portuali.
Ora si ritorna al futuro della normalità. Il supplizio delle mascherine non è servito a nulla.
Da visionari ripensiamo Venezia
Sabato 20 marzo 2021 alle ore 9.37, equinozio di primavera, giornata di sole che colpiva la vetrata principale, sono rimasto due ore chiuso nella Basilica di San Marco.
Una illuminazione
Mi sembrava impossibile, ma la pandemia mi aveva donato questo piccolo miracolo. Tutto era d’oro, la luce illuminava i mosaici. Ho pensato che i nostri antenati, al tempo della chiesa contariniana nel XI secolo, volevano far vedere al popolo, come un grande “fumetto”, il Vecchio e il Nuovo Testamento a colori. E come la città lagunare fosse pensata e immaginata per trasmettere la storia al popolo e la fortuna della Serenissima. Nessuno all’epoca sapeva leggere o scrivere, salvo i preti. Governanti e governati uniti nell’idea di Civitas. Patrizi e popolo, assieme, a sognare la città come l’evangelista aveva fatto a suo tempo. “Pax tibi, Marce, evangelista meus”. L’angelo della visione, immaginava già una città di mercanti sorta dal nulla, un paradosso urbanistico fatto di acqua e di pietre arrivate da fuori. Il futuro patrimonio dell’umanità.
Ora, miracolosamente solo, nella basilica marciana, sogno una città ripopolata da giovani famiglie con figli, in fondo basta offrire corposi incentivi. Sogno l’allargamento del ponte translagunare, con alberi, piste per bici, monopattini, pedoni e posti di ristoro. Più largo sarà il ponte e più vicina la città d’acqua e la città di terra. Sogno un secondo ponte translagunare camionabile che partendo da Porto San Leonardo nella laguna nord raggiunga l’off-shore di Santa Maria del Mare per il traffico navale. Sogno una felice slow-life nelle piccole e grandi isole della laguna. S.Erasmo trasformata in un paradiso di prodotti agricoli locali. Pellestrina, Murano e Burano, comunità di privilegiati e fortunati residenti. Sogno tutte le isole minori un tempo abbandonate, recuperate e di nuovo abitate. Se penso che solo tra i ruderi di San Giorgio in Alga, due ettari ora scarsi di mattoni rotti, un tempo vissero e studiarono tre papi veneziani prima di andare a Roma. Papa Gregorio XII, Eugenio IV, Giovanni XXIII. Allora tutto è possibile.
Il sogno di una nuova Venezia
Sogno Venezia, la più antica città del futuro. Sogno un libro propositivo “Se Venezia vive”, contrariamente al saggista apocalittico Salvatore Settis, autore di “Se Venezia muore”. Con conferenze a pagamento negli Stati Uniti. Sfrutta il nome della città un docente che a Venezia non ha mai vissuto. Siamo ben messi.
Sogno e rivedo all’Ateneo Veneto: il capitano Luciano Le Petit, Piero Foscari, Giuseppe Volpi a pensare il futuro della città nel 1904. L’Energia elettrica come futuro e la nascita, prima in Italia della Società Cellina. L’idea di Porto Marghera e il polo della chimica. All’epoca era come ipotizzare una Silicon Valley in laguna. Già un decennio prima, Antonio Fradeletto e i sindaci Riccardo Selvatico e Filippo Grimani avevano concepito la Biennale, ovvero Esposizione internazionale dell’arte, prima manifestazione del genere al mondo, seguita nel 1932 con la prima mostra cinematografica. Se torniamo ancora un po’ indietro a Venezia nel 1872, Pietro Gallo e Costantino Reyer, fondano la prima società di ginnastica italiana. Per la prima volta si propone l’attività sportiva come strumento formativo aperto a tutti, anche alle ragazze e alle donne. Sembra una rivoluzione e infatti lo è.
Ripensare dunque Venezia. Io resto ottimista
Due prestigiose università: Ca’ Foscari e Iuav, con 30 mila studenti, possono avere la carica rivoluzionaria per una nuova città sostenibile.
“O Dio, quale grande gesto di bontà abbiamo fatto in passato, e dimenticato, che tu ci doni questa meraviglia, o Dio delle acque”. 1908, Ezra Pound.