Tanti sono i films dedicati a grandi campioni dello sport morti o tuttora viventi. Alcuni ben riusciti, altri ahimè meno. Per quanto riguarda il mondo del pallone, a mio parere il migliore resta ancora “Kusturica-Maradona”, di Emir Kusturica, regista bosniaco che con una sorta di film-documentario seppe tratteggiare con grande maestria la vita del giocatore e uomo Diego Armando Maradona. Anche il film “La mano de dios” di Marco Risi, sempre dedicato al grande campione argentino non è male. Viceversa piuttosto vago e lacunoso il film “Pelè”. Pochi giorni fa su Netflix è andato in onda “Il divin codino”, regia di Letizia Lamartire, dedicato al nostro Roberto Baggio. Forse il più forte calciatore italiano della storia. Senza nulla togliere ai vari Peppino Meazza, Valentino Mazzola, Gianni Rivera e chi ne ha più ne metta.
Il divin codino
Il fantasista di Caldogno (Vicenza), pallone d’oro nel 1993 (prima di lui solo Gianni Rivera e Paolo Rossi e dopo solo Fabio Cannavaro con molta elasticità), in questi novanta minuti di cortometraggio però non appare nel suo momento più alto e cioè proprio la consegna del Pallone d’oro.
Probabilmente una scelta voluta dalla regista che ha girato il film con la supervisione dello stesso Baggio. E non sarà solo l’episodio del Pallone d’oro ad essere omesso durante questa storia intitolata giustamente “Il divin codino”.
Piuttosto è messo in luce il rapporto con la sua famiglia (sette fratelli) fin da bambino e in particolare con il padre Florindo( volle chiamarlo Roberto in onore a Boninsegna) ben interpretato da Andrea Pennacchi.
Viene dato molto spazio infatti alla finale di Italia-Brasile del 1970, quando all’epoca il “piccolo” Roberto aveva solo tre anni. E suo padre guardandolo gli dirà “ci penserai tu a vendicare l’Italia di questa sconfitta”. Il piccolo annuì dicendo “te lo prometto!”.
Come si snoda il film
Il film si snoda su questo filone. Vediamo i primi successi con la maglia del Vicenza e il primo grave infortunio poco prima di passare alla Fiorentina, momento in cui per superare la crisi deciderà di orientarsi verso la religione buddista spinto da un amico disc-jockey e con il conforto della fidanzata Andreina che diverrà sua moglie.
Con forza di volontà tornerà a giocare e con la maglia viola riuscirà a mettere in evidenza il suo grande talento. Tanto che nel 1990 venne ceduto alla Juventus (un altro episodio che nel film non viene tratteggiato. Così come i mondiali di Italia 90 dove nonostante il nostro terzo posto Baggio risultò grande protagonista).
Il divin codino e Usa ’94
Viceversa la storia passa ai mondiali di Usa ’94 dove per l’Italia come commissario tecnico c’era Arrigo Sacchi che con Baggio ebbe un feeling molto particolare.
Il tecnico emiliano famoso per i suoi dettami ed i suoi schemi cercava di indottrinare i giocatori quasi fino all’esasperazione (l’attore che interpreta Sacchi è piuttosto caricaturale). Ma Baggio partita dopo partita riuscì a portare l’Italia in finale, tra l’altro segnando un epico goal contro la Nigeria ad un minuto dalla fine della partita.
La finale e l’errore del divin codino
La finale contro il Brasile la conosciamo tutti, si chiuse con la vittoria dei sudamericani ai calci di rigore e Roberto Baggio sbagliò un calcio di rigore praticamente definitivo. Su quell’episodio il film si è concentrato molto e sulla disperazione interiore del giocatore. Addirittura al ritorno nella sua Caldogno il padre gli rivelerà che non gli aveva mai detto la frase ”ci penserai tu a vendicare l’Italia”. Dopo quell’amaro episodio nella carriera di Baggio ci saranno i passaggi di maglia all’Inter, al Milan e in mezzo anche il mondiale di Francia 1998, ma niente di tutto questo appare nel grande schermo.
La seconda giovinezza
Si passa direttamente al momento in cui trovandosi senza maglia e avendo subito altri due gravi infortuni viene chiamato al Brescia dal presidente Corioni e dall’allenatore Carletto Mazzone (ottima l’interpretazione di Martufello). Vivrà una seconda “giovinezza” condita da fior di goal ed uno in particolare su un lancio del giovane Andrea Pirlo. Siamo nel 2002 anno dei mondiali di Seul e c’è nell’aria un’altra convocazione, ma contrariamente a quanto tutto sembrava fatto il commissario tecnico Giovanni Trapattoni decide di non convocarlo. E’ l’ennesima ferita per il “divin codino” che nel 2004 deciderà di appendere de finitamente le scarpette al chiodo dopo un quadriennio con la maglia del Brescia che deciderà di ritirare la numero 10. L’ultimo dei suoi 200 goal in serie A lo segnerà nel marzo di quell’anno al Parma.
Un mio personale consiglio
Per gli amanti del bel calcio e soprattutto per i seguaci di Roberto Baggio il film va visto, ma sotto l’aspetto sportivo potrebbe deludere, c’è poco della sua vita calcistica se non gli episodi forse più brutti. Una scelta della regista che va rispettata ma non condivisa, in quanto avremmo voluto vedere anche il “divin codino” nel ruolo di vincitore.
E’ chiaro che in novanta minuti è difficile tratteggiare vent’anni di carriera calcistica. E anche di sane polemiche come quelle avuta con Marcello Lippi (finì in sede legale) e Fabio Capello. Che dire del giovane attore Andrea Arcangeli. Nella somiglianza fisica c’è, nei modi e negli atteggiamenti lo lasciamo giudicare dallo stesso Roberto Baggio.
Regia: Letizia Lamartire. Cast: Andrea Arcangeli (Roberto Baggio), Valentina Bellè (Andreina), (Florino Baggio), Anna Ferruzzo (Matilde), Thomas Trabacchi (Vittorio Petrone), Antonio Zavatteri (Arrigo Sacchi), Riccardo Goretti (Maurizio Boldrini), Martufello (Carlo Mazzone), Simone Colombari (dirigente della Fiorentina). Genere: biografico. Anno : 2021. Durata: 90 minuti.
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