Quando l’intelligenza, la competenza e l’arguzia si fondono non possono che nascere delle chicche come gli account social del Museo Archeologico di Venezia, il più antico Museo della città se non d’Europa, uno scrigno colmo di rari e preziosi reperti di arte antica (sculture, gioielli, monete, cammei, lapidi, ecc.) che per troppo tempo non ha avuto la visibilità che meritava. Nato come Statuario Pubblico della Serenissima con sede nel Vestibolo della Libreria di San Marco, dovuto al legato testamentario di Domenico Grimani e di suo nipote Giovanni (rispettivamente negli anni 1523 e 1587) il Museo Archeologico si arricchì poi con molte altre donazioni e subì trasferimenti (nel 1811 a Palazzo Ducale per volontà di Eugenio di Beauharnais durante il periodo napoleonico, poi nelle sale delle Procuratie Nuove tra il 1923 e il 1926 dove risiede tuttora).
Il museo Archeologico e la comunicazione social
Gli account social, Facebook e Twitter, del Museo Archeologico di Venezia risalgono al 2012, mentre Instagram si è aggiunto nel settembre del 2017. Poi sono arrivati loro, Ilaria Fidone e Luca Trolese (con il contributo di Marcella De Paoli), giovani, appassionati, originali e motivati che nel 2018 ne hanno preso le redini e hanno saputo sfruttare al massimo le potenzialità della rete rendendo le pagine dell’istituto dove lavorano un luogo virtuale dove non solo si impara ad apprezzare le opere d’arte, ma ci si diverte parecchio.
L’approccio
Il loro approccio, coraggioso, è stato orientato verso un pubblico giovane, da cui hanno mutuato il linguaggio, utilizzando strumento come i “meme”, quei post caratterizzati da fotografie stranianti unite a frasi ironiche che tendono a sfatare e prendere in giro tutti i pregiudizi di cui spesso è vittima il loro museo. Il primo piano di un ragazzo disperato viene commentato, per esempio così: “Quando ti dicono che i mappamondi sono la cosa migliore del museo. Ma all’Archeologico non ci sono mappamondi”.
Il museo Archeologico tra narrazione e ironia
La narrazione è ricca anche di autoironia, frizzante e molto creativa. Ormai è diventato famoso il tormentone sui dinosauri che il pubblico cerca invano nelle sale e che, ovviamente, non fanno parte delle loro collezioni. Vengono proposti sondaggi, contest che mettono a confronto due opere, video (che trovate anche su YouToube)
Qui un esempio: fumetti dissacranti a tema, brevi racconti che prendono spunto dalla vita quotidiana dei dipendenti alle prese con telefonate del pubblico al limite del surreale, domande delle scolaresche in visita, turisti poco informati, ecc.
Abbiamo chiesto ai due social media manager Ilaria Fidone e Luca Trolese di raccontarci come è nata la loro collaborazione
“Prima di essere social media manager del Museo Archeologico Nazionale di Venezia siamo assistenti alla didattica di questo museo. Ancora oggi progettiamo e svolgiamo in prima persona visite guidate e laboratori gratuiti per scuole, famiglie e anche singoli turisti che ce ne fanno richiesta. Proprio la nostra esperienza decennale di divulgazione ci ha permesso di conoscere i gusti del pubblico, le loro curiosità e i dubbi.
Nel 2015 i colleghi che si occupavano dei social sono stati trasferiti in altra sede e le nostre pagine social hanno iniziato a languire.
Nel 2018 l’Amministrazione ha organizzato dei corsi FSE con la Regione Veneto dedicati al marketing e allo storytelling digitale. Abbiamo colto questa prima possibilità di formazione, a cui è seguito un corso Erasmus + in inglese della durata di sei mesi. Abbiamo impiegato altri quattro mesi per un’analisi del nostro pubblico, sia online che in situ, studiando in contemporanea i nostri “competitors“, che in realtà sono colleghi di altri musei, per capire che tone of voice potevamo usare per distinguerci.
Una volta ottenuti tutti i dati, abbiamo deciso di cambiare completamente stile di narrazione sui nostri social. Siamo partiti con due rubriche settimanali: #ledomandeimpossibili (ovvero le domande più o meno bizzarre che i visitatori fanno al nostro staff) e #lacuriositàdelgiovedì.
L’archeologia è molto interessante ma risulta ostica per molti. Abbiamo notato che le modalità di interazione che funzionano durante le visite guidate con i bambini delle elementari possono essere impiegate anche sui social con gli adulti. Quali sono queste modalità? Di sicuro non utilizzare troppi tecnicismi ma diffondere contenuti con un linguaggio comprensibile e accattivante, usando un pizzico di ironia.
Grazie ai suggerimenti di alcuni stagisti, abbiamo introdotto anche meme, fotomontaggi e contest per suscitare interazioni tra i nostri utenti e farli partecipare attivamente alla vita del museo. Per esempio, attraverso i contest #monetasonante e #minimamirabilia chiedevamo ai nostri followers di indicarci la loro moneta e gemma preferita tra le nostre collezioni. Terremo conto di queste preferenze al momento del nuovo allestimento del museo”.
Il vostro approccio è poco istituzionale e questa è una caratteristica, peraltro vincente, molto apprezzata dal vostro pubblico. Siete stati subito capiti dalla Direzione oppure c’è stata qualche resistenza ad accogliere un linguaggio tanto innovativo?
“Annamaria Larese è stata la direttrice che ci ha seguito e supportato nel momento del cambiamento. Ci ha sempre dato molta fiducia e sostegno, consapevole che i musei sono luoghi per tutti, non solo per chi studia archeologia o beni culturali. La dottoressa Larese è purtroppo mancata a maggio 2020. La nuova direttrice, la dottoressa Nicoletta Giordani, vuole continuare questa avventura con noi e noi gliene siamo molto grati.
Uno stile innovativo e originale, per un museo statale di archeologia, ha spiazzato qualcuno. Le critiche sono arrivate, ce le aspettavamo, ma sono state esigue. Sono state sollevate principalmente da “addetti ai lavori”: storici dell’arte, qualche restauratore e architetto, ma mai da archeologi, da cui abbiamo solo ricevuto elogi. Questo ci ha indicato che dobbiamo continuare su questa strada.
Le critiche che ci vengono mosse sono di due tipi: c’è chi contesta l’utilizzo dell’ironia per divulgare l’arte, come se l’arte fosse intoccabile, e chi contesta l’uso di un linguaggio pop da parte di un ente istituzionale come il nostro museo, dimostrando di confondere i social con il sito ufficiale. I social sono pensati per creare interazioni e avvicinare tutti, non solo chi, appassionato e studioso della materia, sarebbe comunque venuto a visitare il nostro museo.
I commenti e le mail di scrittori, giornalisti, docenti di comunicazione e di archeologia ci danno ragione.
Tuttavia, noi vogliamo migliorare continuamente e accettiamo suggerimenti, non siamo permalosi”.
In una città tanto ricca di proposte museali, è difficile attirare l’attenzione dei potenziali visitatori? Avete notato un maggiore interesse determinato proprio dalla vostra presenza in rete?
“Il nostro museo si trova in Piazza San Marco, fa parte di un percorso integrato che comprende anche Palazzo Ducale. Grazie a questi fattori siamo da anni il museo statale più visitato del Veneto e nella top 20 nazionale. Eppure, i veneziani ci conoscono ancora poco, anche se siamo il museo più antico della città essendo aperti dal 1596 e uno dei primi d’Europa, secondi solo ai Musei Capitolini.
Il nostro pubblico era, prima dell’emergenza covid, al 90% straniero. Essere parte di un biglietto combinato ci permette di avere molto pubblico ma, d’altra parte, i visitatori molto spesso ci confondono con i musei nostri “vicini di casa”, ovvero Museo Correr e Sale Monumentali della Biblioteca Marciana, dato che tutti e tre i musei si trovano all’interno del palazzo delle Procuratie Nuove.
Siamo un caso più unico che raro: non abbiamo problemi di quantità di visitatori ma manchiamo di identità.
Uno degli obiettivi primari della nostra strategia social è proprio farci conoscere dai veneziani, che hanno anche l’ingresso gratuito ogni giorno della settimana e non sanno di questa possibilità che viene loro offerta. Per questo abbiamo creato post ad hoc facendo ricorso all’autoironia e ai meme. Abbiamo scherzato proprio sui nostri punti deboli: sul fatto che i visitatori ci scambiano per altri musei (molto spesso con il museo di storia naturale e sperano di trovare dinosauri nelle nostre sale) o, per esempio, sullo stereotipo dei reperti archeologici visti come pietre rotte da buttare via.
Grazie alla nuova strategia di comunicazione abbiamo attirato molti veneziani, le visite tematiche e gli eventi hanno registrato il sold out e molti visitatori ci tengono a farci sapere che sono nostri followers.
Stiamo cercando di fare rete con altri musei archeologici e blogger che si occupano di arte e cultura e sono nate diverse collaborazioni, una delle ultime con lo scrittore Alberto Toso Fei, autore dei video su Youtube “Venezia in un minuto”.
Il vostro museo ha una collocazione particolare, essendo proprio al centro di un percorso che comprende anche il Museo Correr e le Sale Monumentali della Biblioteca nazionale Marciana, come avete sottolineato. I visitatori attraversano prima alcune sale del Correr, dove si trova ingresso e biglietteria, entrano in una prima parte dell’Archeologico, attraversano le sale marciane, tornano indietro per completare la visita al vostro Museo e di nuovo al Correr… piuttosto complicato no? Non è facile comunicare il passaggio da uno all’altro, nonché le loro diverse specificità. Come avete affrontato questa complessità?
“Come detto precedentemente, il percorso integrato con Museo Correr e Sale Monumentali della Marciana ci premia per la quantità di visitatori che riceviamo giornalmente ma può essere poco comprensibile e chiaro all’utente, dato che i tre musei si trovano tutti allo stesso piano delle Procuratie Nuove senza soluzione di continuità. Per rendere maggiormente evidente il passaggio tra Museo Correr e Archeologico abbiamo implementato la segnaletica per avvisare il visitatore dell’arrivo in un nuovo museo.
Sui social, soprattutto in Instagram, notiamo fotografie molto belle di nostre opere scattate dai visitatori con il tag sbagliato. Sotto di esse c’è quasi sempre scritto “Museo Correr”. Interveniamo online spiegando la differenza tra Archeologico e Correr cercando di non essere troppo pedanti e offrendo una visita guidata gratuita per la successiva visita al nostro museo. In generale l’autore della foto modifica il tag ringraziandoci e accettando la nostra proposta.Una distinzione più netta tra i vari musei ci sarà con il nuovo riallestimento del museo archeologico, i cui lavori dovrebbero iniziare a breve. Con questo nuovo progetto verrà anche riaperto al pubblico il nostro cortile storico”.
Il vostro lavoro è stato notato dai mezzi di comunicazione tradizionali, giornali, televisione, che hanno valutato i vostri sforzi con un notevole apprezzamento e mi pare che abbiate ricevuto anche un premio…
“Siamo molto soddisfatti dei risultati raggiunti. Lo scorso anno il giornalista Alessandro Marzo Magno ci ha dedicato un articolo su Il Gazzettino e Luca Colombo ha realizzato sulla nostra strategia social un servizio andato in onda sul Tg3, su RaiNews 24 e Buongiorno Regione. Molti laureandi ci hanno contattato per inserirci come case study nella loro tesi e siamo stati invitati a tenere delle conferenze in diverse università.
Il Politecnico di Milano, che monitora le performance digitali dei musei statali ci ha segnalato come uno dei tre migliori musei nel 2019. Gli altri due erano la Galleria Borghese e la Galleria Estense.
Il Politecnico di Milano ci ha domandato come fossimo riusciti a ottenere il maggior incremento di followers su Facebook e Instagram di tutti i musei statali italiani tenendo conto che siamo un piccolo museo non autonomo di archeologia, non abbiamo un’agenzia esterna di comunicazione, non avevamo ospitato eventi particolari nel 2019 e neanche partecipato alla Biennale, che di solito funge da cassa di risonanza.
Ci eravamo resi conto che la strategia stava funzionando ma non pensavamo a quei livelli.
Riuscire a soddisfare le alte aspettative che i nostri followers hanno verso di noi non è sempre facile. Stiamo continuando a studiare e a sperimentare. Le idee non ci mancano, speriamo di riuscire a scardinare lo stereotipo “Archeologia= polvere e noia”.
Lo avete già fatto, in realtà. Continuate così, buon lavoro!
Grazie mille per il bellissimo articolo. E’ sempre un piacere vedere il prorpio lavoro apprezzato e valorizzato.
Grazie a voi per il vostro ottimo lavoro!
Ringrazio anche io per l’ampio e approfondito articolo. Ci ha permesso di spiegare cosa vi è dietro le nostra scelta di adottare una strategia
comunicativa diversa da quella di altri musei. Niente é frutto del caso, impieghiamo molto tempo a scrivere i post delle nostre rubriche: scelta dell’argomento, ricerca e consultazione delle fonti, traduzione in inglese, editing finale… sono necessarie delle ore.
Adottare uno stile divulgativo, per un pubblico il più ampio possibile, non significa diffondere contenuti semplicistici ma permettere a tutti di cogliere la bellezza delle nostre opere
La bravura sta proprio nel non far emergere la fatica che sta dietro al lavoro e a un risultato efficace nella sua leggerezza, no? Siete bravissimi!!