Come era prevedibile già da qualche settimana, l’Italia comincia a vedere quella che sembra essere una luce in fondo al tunnel. Quasi tutto il paese si prepara a diventare zona bianca, a godere di maggiori libertà, a tornare a una vita molto simile a quella pre-covid. L’entusiasmo è comprensibile e condiviso: tutti abbiamo provato un senso di stanchezza durante il lungo inverno del coprifuoco, delle mascherine a oltranza, delle distanze e delle chiusure e l’idea di essere più liberi non può che dare un senso di euforia. Però, a ben guardare, ci sono alcune sfumature di grigio a lato di questo telo bianco e splendente che non dovrebbero essere trascurate, se non altro per avere un corretto adattamento psicologico a ciò che può accadere nel futuro.
Attenzione: non è liberi tutti
La prima cosa da notare e ricordare è che la zona bianca non è sinonimo di vita pre-covid. Tante possibilità saranno comunque precluse oppure limitate. Dovremo comunque portare la mascherina sempre con noi e probabilmente tenerla in ogni luogo chiuso, vedremo scene come l’entrata nei locali associata ai tamponi rapidi, alcune attività economiche comunque non potranno riaprire, rimarranno percorsi e segnalazioni delle distanze da mantenere. Speriamo solo di non sentire discorsi al limite dell’irresponsabile come quelli che paventavano l’obbligo di tenere la mascherina ai tavoli dei ristoranti o il vademecum ai giovani per i flirt basati sul tenersi per mano: sono idee che, se veramente venissero mai rese obbligatorie (confidiamo di no), necessiterebbero di una comunicazione attenta, rispettosa e mirata per non causare profonde situazioni di disagio e stress.
La tolleranza all’incertezza
Oltre alle proposte – diciamolo, spesso un po’ campate in aria – rispetto alle mascherine e distanze interpersonali, ci sono ancora tantissimi aspetti che non sono chiari e che avranno un grande peso nel dare forma al futuro. Il pass vaccinale, o green pass o qualunque nome vogliano dargli, è il primo e il più impattante. Non sappiamo se e come si farà perché si pongono enormi dubbi di fattibilità e liceità giuridica. Non sapere come e quanto ci si potrà spostare non è un dettaglio così secondario e immaginare il proprio futuro prossimo senza queste informazioni è difficile e stressante. L’incertezza ha caratterizzato i 9 mesi passati e, purtroppo, sarà presente anche nel futuro. La tolleranza all’incertezza, al non sapere esattamente cosa si potrà o non potrà fare, è una caratteristica che stiamo allenando volenti o nolenti: l’alternativa è subirne passivamente gli effetti in termini di ansia e stress.
L’autunno sarà il banco di prova
È comprensibile aver dimenticato l’estate scorsa: sono passati 9 lunghissimi mesi di restrizioni e ciò che è avvenuto prima sembra così lontano. Abbiamo già visto questa situazione: euforia, vacanze, l’assalto a Malta e alla Croazia, qualche uccello del malaugurio che diceva che stavamo buttando al vento i sacrifici dell’inverno (a onor del vero, probabilmente anche portare i casi a 0 non ci avrebbe salvato dalla seconda e terza ondata), cocktail in spiaggia. Eppure, la reazione a questa estate che sta iniziando è simile alla precedente: pensare che si vede la fine dell’emergenza.
Raramente mi sbilancio in previsioni, ma questa ritengo sia sensata ed è confortata da una serie di informazioni di cui sono entrato in possesso. Potremo avere un’idea concreta del futuro il prossimo febbraio. L’estate probabilmente andrà abbastanza bene, con tutta una serie – seppur contingentata – di libertà che ci permetteranno di passarla più o meno serenamente. L’autunno sarà il primo banco di prova: probabilmente alcune misure restrittive saranno attivate con finalità preventiva. Da lì vedremo la tenuta del piano vaccinale e l’evoluzione del virus. Solo a quel punto, e saremo arrivati circa a gennaio/febbraio dell’anno prossimo, potremo sapere se si prospetterà un ulteriore inverno di chiusure oppure potremo immaginare il mondo del futuro. Ovviamente tutto può essere smentito, ma almeno cercare di darsi e dare una prospettiva temporale allo sforzo è una prima strategia per contenere lo stress, l’ansia e il disagio che ci hanno accompagnato per troppi mesi.