Le notizie curiose per Venezia sono due: la prima che un palazzo antico abbandonato da anni restaurato e aperto al pubblico. La seconda è che non nasce un nuovo albergo. Parliamo di Ca’ Vendramin Grimani, a San Polo, affacciato sul Canal Grande e dimora del doge astronomo e umanista Pietro Grimani, un illuminato, nonostante la cupa decadenza della Serenissima.
Chi era Grimani
Parlava perfettamente quattro lingue: inglese, francese, tedesco e italiano. Aveva fatto l’ambasciatore a Londra e a Vienna e invidiava i paesi più progrediti, prima di diventare doge di una Repubblica morente. Ora per lui parla la sua dimora, ricca di quadri, stucchi, memorie della famiglia. L’iniziativa è della Fondazione dell’Albero d’oro, mecenatismo francese, per ribaltare il concetto di città mono-turistica.
Il palazzo venne abitato per sei secoli. Ora la Fondazione ripropone il nome del ramo dei Grimani dell’Albero D’oro. Pietro, doge dal 1741 al 1752, era amico di Isaac Newton e divenne socio onorario della esclusivissima Royal Society. Nelle sue memorie provava una seria invidia nei confronti degli inglesi e di come erano diventati, da piccola isola, potenza marinara mondiale.
Il palazzo Grimani
A palazzo Vendramin Grimani la scommessa è ambiziosa: sviluppare attraverso una programmazione culturale di ampio respiro e di carattere internazionale, uno spazio di eventi privati, sostegno di iniziative culturali e attività di ricerca. Nella presentazione, ora che il palazzo è visitabile previa prenotazione, si parla di rinascita “come nuovo luogo di trasmissione , scambio artistico e culturale, tra Oriente e Occidente, con borse di studio, premi per i giovani, progetti multidisciplinari”. E poi residenze, workshop, incontri, concerti musicali e mostre. Il terzo piano sarà interamente destinato a foresteria e area di lavoro. Il mecenate di chiama Gilles Ètrillard, fondatore di uno dei principali gruppi finanziari europei.
Oggi
Ora il palazzo offre una visione di diversi arazzi francesi. Nella cosiddetta Sala del Doge, una selezione di dipinti appartenenti alla collezione Grimani Marcello. Nella sala dei Ventagli una originalissima collezione con materiali “per rinfrescarsi” in pizzo, seta, addirittura osso di tartaruga, madreperla e avorio.
Il doge Pietro Grimani, divenne famoso per il suo senso “democratico” dell’arte. Sponsorizzò, si direbbe oggi, ovvero mantenne l’attività del gondoliere poeta Antonio Bianchi. Nel ‘900 la famiglia Grimani dell’Albero d’oro si estinse e il palazzo acquistato dagli industriali bresciani Sorlini. Oggi la nuova scommessa. Lo sguardo severo del ritratto del doge Pietro è rivolto ai veneziani del futuro. Sapranno onorare la loro città?