Anche la natura ha voluto rendere omaggio a Franco Battiato nel giorno del suo funerale. L’Etna, poco distante dalla sua abitazione, ha emesso una fontana di lava. Ci piace pensare che sia stato un saluto da parte della “madre del popolo catanese”, così è considerato da sempre il vulcano in Sicilia, a uno dei suoi figli prediletti. Franco Battiato, da amante e studioso della simbologia e dei fenomeni naturali, avrà sicuramente gradito. Dopo aver percorso e portato anche noi su sentieri, strade e autostrade della musica per condurci in un’altra dimensione, Franco Battiato se n’è andato, lasciandoci un’eredità importantissima.
L’eredità di Battiato
Forse non abbiamo ancora ben presente il patrimonio musicale e culturale che Battiato ha donato al nostro Paese. Probabilmente, tra un po’ il tempo lo consacrerà tra gli immortali non solo della musica leggera, dove il suo posto è prenotato da decenni, ma della storia d’Italia. Una canzone come “La cura”, ma soprattutto il suo testo, saranno insegnate a scuola. Così come “Povera Patria” sarà portata ad esempio per ricordare un triste periodo della nazione.
La Sicilia nel cuore
Grande italiano ma anche grande siciliano come tanti suoi corregionali illustri: Pirandello, Verga, Quasimodo, Sciascia, Guttuso e Camilleri. Siciliano che più siciliano non si può. Orgogliosamente siciliano con un viso antico che parla di fatica, di mare, di sole, di solitudine, di onestà. Siciliano ma, al tempo stesso, cittadino del mondo, con la mente proiettata nel futuro.
La “sua” musica
Battiato non apparteneva a nessun genere musicale preciso. Anche se il suo album più famoso, “La voce del padrone”, è la più grande opera pop della storia della musica italiana. Il cantante catanese aveva una cultura smisurata che non ostentava ma con cui giocava per trasportare chi l’ascoltava in mondi sconosciuti. Ha saputo mischiare le canzonette con la musica classica e reso classiche le canzonette. Mischiava Stockhausen e Vivaldi con Nicola Di Bari ed era un giocoliere delle parole. I suoi testi, a prima vista incomprensibili, venivano e vengono cantati da milioni di persone. La sua voce, poi, arrivava sempre a destinazione: nel cuore o nella testa.
All’inizio della carriera Battiato è stato uno degli artisti più all’avanguardia del panorama nazionale, uno sperimentatore, un precursore della musica elettronica che amava vestirsi in modo bizzarro.
Gli album della svolta di Battiato
“La voce del padrone” fu il primo LP a sfondare il muro del milione di copie vendute in Italia. Un album geniale che segnerà un punto di svolta non solo per la carriera di Battiato ma per tutta la musica italiana. Facendo un paragone scomodo “La voce del padrone” rappresenta nella musica italiana quello che negli anni ’60 “Sgt. Peppers’s lonely hearts” dei Beatles ha rappresentato nei confronti della musica pop mondiale. E, come “Sgt. Peppers’s lonely hearts”, l’album di Battiato non ha accusato il peso degli anni ed è, tuttora, attualissimo. Ma il successo non cambiò Battiato, anzi gli permise di alternare album di pura sperimentazione ad altri più popolari, evidenziando quello che era la sua dote migliore: unire e sintetizzare generi diversi da loro e, soprattutto, rendere il prodotto fruibile al pubblico.
La ricerca continua
La musica di Battiato è sempre stata una ricerca continua di nuove sonorità, attraverso uno studio, misto a un’innata curiosità che ha fatto di Battiato un viaggiatore non solo del pentagramma ma soprattutto dell’anima. L’aspetto più importante dell’opera del cantante siciliano è stato la costante ricerca della spiritualità. Come ha potuto un artista così mistico e certe volte portatore di temi ostici e non comprensibili a tutti essere così popolare? Perché Battiato è sempre stato onesto col pubblico e la sua voce, strana, nasale e inimitabile, veniva dall’anima e arrivava all’anima. Questo l’ha reso unico e così amato, al punto che il pubblico gli perdonava anche gli album più ermetici e filosofici. Come Battiato poteva essere incomprensibile e addirittura portatore di una cultura troppo alta, altre volte tirava fuori opere magiche che arrivavano a toccare il cuore di tutti.
“La Cura” di Battiato
E’ il caso de “La cura”, contenuta nell’album “L’imboscata”, uscito nel 1996. Con “La cura” Battiato raggiunge la vetta più alta della sua carriera. La canzone, considerata dalla critica una delle più belle della storia della musica italiana, è indubbiamente un capolavoro che si può catalogare in vari modi. Per molti è una canzone d’amore per altri un’opera mistica. Poco importa, “La cura”, come tutta la discografia di Battiato, è di difficile catalogazione ed è tempo perso cercarle una collocazione. “La cura” è bellezza pura e deve essere solo ascoltata per rendere migliore la nostra vita o ricordarci momenti piacevoli di essa. Se vogliamo, questo è il vero senso e scopo della musica e Battiato lo raggiungeva in pieno.
Cosa ci lascia
Nei primi anni del nuovo millennio, Battiato ridurrà notevolmente la produzione discografica e i concerti per ritirarsi nella sua villa a Milo, un incantevole borgo vicino a Catania. Qui vivrà quasi in ritiro spirituale, dedicandosi alla meditazione, alla lettura (era un onnivoro, si documentava su tutto) e a nuove forme d’arte come la pittura.
Con lui se ne va un immenso artista, un grande uomo ma la sua anima continuerà a volare nelle opere che ci ha lasciato.