Dalle pagine di Cinema Nuovo, Cesare Zavattini sin dal febbraio del ’55 invitava alla canzone neorealista: “una canzone neorealista significa un contatto più approfondito con l’anima del popolo, la quale è saggiata solo nel primo strato delle canzoni italiane, se si esclude qualche volta la napoletana”. “Prenditi anche questa grana, caro Aristarco, e fai a Milano il primo concorso della canzone neorealista, entro il 1955″(…) perché un cinema neorealista sarà sempre più condiviso quando sentiremo cantare per le strade dei temi più umani, cioè meno vaghi”. Zavattini, Aristarco e molti altri con loro dovettero attendere altri due anni prima che questo desiderio avesse una qualche soddisfazione. Cantacronache stava per arrivare.
Umberto Eco ricorda i Cantacronache
“Se non ci fossero stati i Cantacronache e quindi se non ci fosse stata anche l’azione poi prolungata, oltre che dai Cantacronache, da Michele L. Straniero, la storia della canzone italiana sarebbe stata diversa. Poi, Michele non è stato famoso come De André o Guccini, ma dietro questa rivoluzione c’è stata l’opera di Michele: questo vorrei ricordare”, così Umberto Eco, ricorda lo storico gruppo di musicisti, letterati e poeti, sorto del tutto informalmente a Torino nel 1957 con lo scopo di valorizzare la canzone di impegno sociale, ed in parallelo prendere le distanze dalla canzonetta di consumo nata nel dopo guerra e di cui il Festival di Sanremo ne era la concretizzazione.
L’idea del Cantacronache
L’idea di costituire il gruppo venne a Sergio Liberovici, compositore musicale vivacemente presente nella vita culturale di Torino, che comunicò la sua idea per primo a Michele L. Straniero, giornalista, scrittore oltre che ottimo cantante. Come chitarrista fu fin dall’inizio coinvolto il giovane architetto Fausto Amodei che si dimostrò subito ben più che un semplice comprimario. Di seguito si avvicinarono al gruppo, con ruoli diversi, Giorgio De Maria, Margot Galante Garrone, Mario Pogliotti, Duilio Del Prete, Edmonda Aldini, Piero Buttarelli, Glauco Mauri, musicisti come Fiorenzo Carpi e Giacomo Manzoni, scrittori e poeti come Italo Calvino, Gianni Rodari, Umberto Eco e Franco Fortini e saltuariamente altri intellettuali e musicisti.
Cantacronache svolgerà la sua attività fino al 1962
Il suo obiettivo era quello di scrivere e diffondere canzoni che veicolassero contenuti legati al vissuto quotidiano, attraverso musiche non stereotipate. Quindi Cantacronache fece oggetto della sua pungente polemica la canzone di consumo ed in particolare il festival di Sanremo.
Mentre il gruppo di Cantacronache sta per nascere, trionfano nella città dei fiori “Corde della mia chitarra” cantata da Claudio Villa, “Casetta in Canadà”, testo iterativo di irraggiungibile idiozia interpretato da Gloria Christian e “Il pericolo numero uno” capolavoro di banalità per presentare il quale hanno unito le forze ben due fuoriclasse del calibro di Gino Latilla e Claudio Villa.
Quando vinse Modugno
L’anno successivo, quello che vede l’uscita del primo disco di Cantacronache, vince il festival la sorprendente “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno, portando nella sonnolenta sala del Casinò una ventata di quella moderata innovazione che stava serpeggiando tra la canzone proposta fuori dal sacrario sanremese. In ogni caso la tradizione fu subito ristabilita dalla seconda classificata, la botanica “L’edera” portata ai fasti del largo pubblico dalle incisioni di Nilla Pizzi e Tonina Torielli.
Tanto lavoro da fare
E’ chiaro che per chi voleva innovare il mondo della canzone il lavoro da fare era molto. Ma quella di Cantacronache non fu solo una scelta estetica legata esclusivamente alla proposta di contenuti intelligenti. Cantacronache voleva proporre contenuti “altri”, diversi, che parlavano di un altro mondo. Di quello quotidiano, di tutti i giorni, della gente che non aveva voce nei mezzi di informazione ed in particolare nel potente veicolo canzone.
Il nome stesso del gruppo ne esprimeva il programma collettivo: dare voce alla cronaca, all’attualità politica e di costume in contrasto diretto con la canzonetta.
Ma proprio questo programma porrà all’atto della sua realizzazione il problema del rapporto col mercato, con la diffusione del messaggio.
Una collaborazione importante
Infatti si chiederà Umberto Eco, che all’inizio ha collaborato con il gruppo:
“Sarà possibile una operazione culturale a livello della musica di consumo, tale che un nuovo impegno, come quello manifestato da una canzone “diversa”, si attui tenendo conto delle esigenze profonde che a modo proprio esprime la più banale canzone di evasione?
O una canzone “diversa” sarà tale nella misura in cui si rifiuterà alla popolarità e alla circolazione industriale poiché, nel contesto in cui viviamo, la canzone per industrializzarsi non può che battere le strade del Mito mistificatorio, produttore di esigenze fittizie?”
Cantacronache e l’ispirazione ai “grandi”
Questo dilemma accompagnò non solo l’esperienza di Cantacronache, che in qualche modo lo risolse non dando mai un carattere “professionale” al suo impegno, ma anche tutto il fenomeno del “folk revival” in Italia. Ma, per esempio, anche in America, producendo ovunque dibattiti accesi e il più delle volte inconclusi.
Il fatto che si potessero scrivere delle canzoni che avessero un contenuto ed una forma dignitosa, meno scialba di quelle diffuse dalla radio, di quelle che imperavano nel mercato leggero, ci fu suggerito da un’esperienza già fatta all’estero. Testimoniò Michele in un suo intervento:” Nella nostra ignoranza, sapemmo solo dopo che anche in Italia c’era stato un fiorire molto ricco di “canto sociale”. (…) Invece i nostri modelli erano stranieri: erano Brassens, Ferrè, Brecht,. Proprio un viaggio in Germania, a Berlino, e il contatto con il teatro di Brecht (il Berliner Ensemble) diede a Liberovici l’idea di scrivere appunto delle canzoni di impegno sociale”
Lo scopo del gruppo
Il primo scopo del gruppo, come abbiamo detto, era quello di rompere il fronte della canzonetta. Pertanto esso si mise al lavoro senza una prospettiva complessa, costituendosi in un sodalizio del tutto informale. Sostenuto soltanto da una ideologia forse immatura, ma non confusa.
Le prime quindici canzoni furono pronte alla fine del 1957 e furono presentate a cantanti e discografici “amici” per la loro esecuzione e la successiva registrazione, ma esse, ricorda Straniero “furono assolutamente respinte. Ci furono pacche sulla schiena, e qualche sorriso di compatimento e complimento al tempo stesso, ma si levò assolutamente una barriera, cioè proprio l’impossibilità di proporre questo discorso attraverso i canali consueti”
A questo punto gli autori delle canzoni decisero di divenirne anche gli interpreti. E, con mezzi di fortuna, nel retrobottega di un negozio di magnetofoni, dischi e altro, incisero, nei primi mesi del 1958, il primo disco per l’etichetta Italia Canta, che prese il nome di “Cantacronache Sperimentale” contenente le prime quattro canzoni.
I cantacronache coinvolgono gli intellettuali
Queste prime canzoni cominciarono ad essere diffuse attraverso serate tenute in luoghi del tutto particolari per un pubblico già selezionato: nei circoli ricreativi o all’Unione Culturale di Torino, nel corteo del Primo Maggio, nelle feste dell’Unità oppure nella casa di qualche amico della “borghesia rossa” (Einaudi, Massimo Mila, Galante Garrone e altri). Le reazioni del pubblico furono decisamente positive, un po’ per ragioni “snobbistiche”, ma anche perché coinvolgeva direttamente gli intellettuali. Infatti per scrittori di successo come Calvino e Fortini fu una specie di scommessa, poiché scrivere canzoni è altra cosa che scrivere saggi e poesie e misurarsi, “contaminarsi” con questo strumento di larga diffusione sembrava una sfida interessante da sostenere.
Inizia così l’importante, anche se non troppo nota, serie dei dischi di Cantacronache, tutti incisi per Italia Canta.
Tra il 1958 e il 1959 il gruppo pubblica anche una rivista con lo stesso nome, che ne raccoglie composizioni ed esperienze. Ne usciranno in tutto tre numeri.
[continua….]