Aziende del Nordest protagoniste nella catena del valore internazionale. Una parte consistente del tessuto produttivo nordestino (oltre il 48%) è composto da imprese manifatturiere che lavorano nel B2B, producendo prevalentemente beni intermedi destinati ad altre imprese. Al quale si aggiunge un altro 15,4% di imprese che produce beni strumentali come, ad esempio, le macchine utensili.
Per queste imprese, uno degli elementi che garantisce il successo è la capacità di collocarsi in posizioni della catena del valore che consentano di mettersi al riparo dal “rischio di cattura” da parte dell’impresa committente. Spesso ci sono situazioni in cui i rapporti di forza sono sbilanciati a favore di quest’ultima. E dalla concorrenza di fornitori con un più basso costo del lavoro. Il 64,7% delle imprese manifatturiere nordestine è coinvolta in una catena del valore. Il 29,7% agisce in catene prevalentemente italiane, il 14,7% in catene locali e globali mentre il 20,3% in contesti prevalentemente globali.
Sono i risultati della ricerca condotta da Fondazione Nord Est in collaborazione con UniCredit. Permettono di fare il punto sul posizionamento delle medie imprese manifatturiere nordestine nelle catene del valore e sulle loro strategie di upgrading. Il 61,3% agisce in “contesti collaborativi” in cui le decisioni vengono concordate tra imprese. Il 26,3% opera con relazioni che sono guidate esclusivamente dal prezzo. Mentre il 12,4% è inserita in catene in cui l’impresa leader determina le scelte e quindi in contesti in cui le relazioni sono di tipo gerarchico. Il 72,9% delle imprese considera difficile riuscire a trovare un altro committente.
Un dato che sottolinea una posizione di rischio per quasi tre delle quattro Aziende del Nordest che lavorano nelle catene del valore. Il 25,4% considera, invece, facile, sostituire il committente principale. Le imprese che operano in contesti basati prevalentemente sul prezzo (circa il 50%), si caratterizzano per una posizione di rischio. Rispetto alla concorrenza di competitors che agiscono, come fattore competitivo, sulle competenze.
Toschi: “prospettive interessanti per aziende Nordest”
«La regionalizzazione delle catene del valore apre prospettive interessanti anche per le medie imprese manifatturiere nordestine – sostiene Gianluca Toschi, ricercatore senior di Fondazione Nord Est –. Da un lato possono candidarsi a produrre la produzione che rientrerà in Europa, dall’altro a partecipare più intensamente alle catene del valore in Asia e in America. È confortante vedere che le nostre imprese stanno investendo nella digitalizzazione dei processi, un prerequisito per partecipare alle sfide che le attendono».
La ricerca fa emergere che quasi un’impresa su cinque si trova in una posizione “scomoda”. Nella catena del valore: le relazioni con i committenti sono guidate prevalentemente dal prezzo o in cui le scelte sono determinate dall’impresa leader (relazioni sono di tipo gerarchico); ritengono sia difficile o praticamente impossibile sostituire il committente principale, il fattore competitivo principale è il prezzo. La posizione di tali aziende del Nordest descrive la situazione in cui è molto probabile che si avveri il “rischio di cattura” da parte dell’impresa committente. O si subisce la concorrenza di fornitori con un più basso costo del lavoro.
Politiche di upgrading per il futuro
Le politiche di upgrading rappresentano quindi una strategia per diminuire tali rischi. E possono riguardare i processi (quando un’impresa attua una riorganizzazione del processo di produzione anche attraverso il ricorso a nuove tecnologie), l’organizzazione (quando si introducono funzioni aziendali che non erano presenti) o i prodotti (introduzione sul mercato di nuovi prodotti a maggior valore).
«La pandemia – commenta Luisella Altare, Regional Manager Nord Est di UniCredit – ha generato una forte pressione all’interno delle catene globali del valore e ha spesso portato alla ridefinizione dei rapporti tra i soggetti imprenditoriali coinvolti. Le aziende del Nordest hanno saputo rispondere adeguatamente a questa nuova situazione coniugando maggiore regionalizzazione e globalizzazione con la capacità di far fronte alle richieste sempre più evolute dei propri committenti. UniCredit, con la sua vocazione internazionale, intende proporsi come partner privilegiato delle imprese del Nord Est impegnate a cogliere nuove opportunità sui mercati globali».
Tra le possibili strategie di upgrading si è scelto di mappare gli investimenti nella digitalizzazione dei processi manifatturieri e nell’innovazione. Tra le tecnologie 4.0 quella maggiormente diffusa risulta essere l’IOT (Internet Of Things). Più della metà delle imprese (51,4%) dichiara di utilizzare dispositivi interconnessi che possono essere monitorati o controllati da remoto. Sistemi di robotica sono utilizzi nel 51,1% delle imprese. Il 37% delle imprese si avvale di strumenti di cloud computing, il 28,6% utilizza i big data.
La seconda politica di upgrading considerata riguarda l’innovazione. Negli ultimi tre anni il 9% delle imprese ha introdotto nuovi prodotti (innovazione di prodotto radicale). Il 23,7% ha migliorato in maniera significativa quelli esistenti (innovazione di prodotto incrementale), mentre il 40% si è impegnata su entrambi i fronti, introducendo nuovi prodotti e migliorando quelli esistenti. Nell’ultimo triennio il 60,1% delle imprese ha lavorato per introdurre trasformazioni innovative profonde o per introdurre nuove tecnologie. Il 52,6% ha riorganizzati i processi parzialmente, il 7,5% radicalmente. Il 37,9% delle imprese non ha introdotto innovazioni di processo.