Franco Dal Cin, classe 1943, è l’uomo di tante prime volte, per il calcio italiano. E’ uno dei grandi manager del pallone, uno tra i più lungimiranti che il Nordest abbia conosciuto. Nato a Vittorio Veneto, si è rivelato calcisticamente in serie C, nel Clodiasottomarina, la squadra di Chioggia, meritando la chiamata dall’Udinese. Nel 1978 ebbe l’idea di apporre il primo marchio nella storia del calcio. “Era la scritta Sanson, sui pantaloncini bianconeri. Lì ebbe ufficialmente il via l’epoca delle sponsorizzazioni”.
Dal Cin era il 1983, invece, quando portò a Udine Zico, uno dei campioni più amati nella storia del calcio
“Grazie agli sponsor riuscimmo a pagare il suo stipendio. Fu un’operazione di grande effetto, riempimmo lo stadio Friuli con 50mila spettatori persone per più di metà delle partite. Anche in giro per la penisola facevamo l’esaurito, fu la mia più grande soddisfazione personale”.
Al cavalier Lamberto Mazza suggerì di cedere l’Udinese alla famiglia Pozzo, anziché a Maurizio Zamparini, che così ripiegò sul Venezia
“Io passai all’Inter, dove però non ebbi il successo che speravo. Le mie idee erano imprigionate, non riuscivo a esprimere la consueta effervescenza in autonomia. Avrei voluto portare Zico, il presidente Ernesto Pellegrini volle tenere Liam Brady. Arrivammo secondi in campionato, con Ilario Castagner, eliminati in coppa Uefa dal Real Madrid, con la biglia che centrò Beppe Bergomi. Fu una parentesi di un anno e mezzo, non la ricordo volentieri”.
Dal Cin, nell’88 la prima diretta televisiva non Rai in Italia per una partita di coppa che si disputava nell’Est europeo
“Con Partizan Belgrado-Roma e poi Stella Rossa–Milan cominciò quel che viene chiamato il grande mercato dei diritti tv, vera svolta nell’interesse del calcio.Di recente c’è proprio stato Stella Rossa-Milan, in Europa league, remake di quella doppia sfida che portò i rossoneri a vincere la prima delle coppe dei Campioni sollevate da Arrigo Sacchi”.
Nel 1993 portò a Reggio Emilia il portoghese Futre che si era messo in mostra nell’Atletico Madrid…
“Fu la grande incompiuta, mentre avrebbe potuto essere un’operazione memorabile come quella di Zico. Tutti dicevano che l’Olympique Marsiglia me l’avesse venduto rotto: si fece male al debutto, contro la Cremonese, dopo avere segnato il gol della prima vittoria della Reggiana in A. La domenica prima aveva giocato tutti e 90 i minuti, con il Portogallo, perciò non poteva essere già infortunato”.
Dal Cin, l’anno dopo prese Sunday Oliseh, che poi sarebbe arrivato anche alla Juve, lì cominciò la saga dei nigeriani
“Martins, ancora in attività, in Cina, e Makinwa, che iniziò nel Conegliano, per me erano i migliori, almeno delle prime nidiate, ma ce ne sono tanti, in giro per il mondo. Hanno le potenzialità per diventare fuoriclasse, non la cultura: devono imparare a resistere alle pressioni, a gestire i soldi, si perdono un po’, in un calcio tanto difficile. Tuttora i Dal Cin hanno una scuola calcio, in Nigeria, la dirige mio figlio Michele, assieme a Marshall, ex difensore di Reggiana e Genoa, fermato troppo presto da infortuni gravi”.
Nel ’95 varò il primo stadio privato del nostro paese, il Giglio. Un modello che ha fatto scuola…
“Anni fa ero stato in Mordovia, una regione della Russia, con l’architetto Aldo Pavoni, uno dei progettisti dell’impianto di Reggio Emilia, a presentare un piano analogo nel capoluogo Saransk, che ha 300mila abitanti. Erano intervenuti federazione e Coni, erano convinti fosse il primo al mondo, nessuno evidentemente si ricorda del Giglio. Questo impianto è un esempio, con i suoi Petali, aree commerciali da vivere tutta la settimana, con la multisala cinematografica, al netto del covid attuale. Dal 2013 il Sassuolo ne è proprietario e lo valorizza, con il nome Mapei. L’Atalanta si è comprata l’Azzurri d’Italia, chiamato Gemiss, mentre il Frosinone ha costruito lo Stirpe”.
Dal Cin, fra i suoi primati, uno è davvero singolare: fu il primo occidentale a entrare nel cda di una società sportiva militare, in Russia
“Era la Dinamo Mosca, da cui acquistai Igor Simoutenkov per la Reggiana. Negli anni mi sono mosso spesso all’estero, fra Belgio e Germania, occupandomi di fotovoltaico, alternativa all’elettricità. Ho sempre differenziato i miei interessi, in Senegal sono proprietario di piantagioni a uso medicinale”.
Sempre a Reggio, ebbe due grandi allenatori
“Fui il primo a credere in Carlo Ancelotti, che riportò la serie A. Aveva lasciato la nazionale, il ruolo di vice di Arrigo Sacchi. Evitai di esonerarlo quando era nelle ultime posizioni in B, con 4 punti in 7 gare, giusto 25 anni fa. Salimmo e andò al Parma, a guadagnarsi la qualificazione in Champions league. Prendemmo Mircea Lucescu, il romeno che a quasi 76 anni allena ancora, la Dinamo Kiev. Poi sarebbe arrivato anche all’Inter e avrebbe vinto tanto, in Europa”.
Quindici anni fa, era stato lei a far deflagrare “calciopoli”?
“Era il giugno del 2005 quando l’ufficio indagini raccolse la mia deposizione, poi ripresa dai pm di Napoli. Ero presidente del Venezia, perdemmo a Bari, campo neutro, contro il Messina. L’arbitro Palanca nel secondo tempo ci aveva buttato fuori 2 giocatori, avevo parlato di combriccola romana, i fatti mi hanno dato ultra ragione”.
Poi venne squalificato per il caso Maldonado, dopo Genoa-Venezia
“Purtroppo rimasi incastrato. Dalle intercettazioni telefoniche non emerge alcun illecito mio, non sapevo che il presidente rossoblù Preziosi avesse dato soldi a Luigi Gallo, cui avevo venduto il Venezia. Gli amici friulani mi hanno sempre detto che ero avanti di dieci anni, in tutte le cose. All’epoca per prendermi in giro dicono che avevo dimezzato il vantaggio, con i cinque anni di squalifica”. Franco non si ferma, cerca sempre nuove sfide, ma intanto si gode la famiglia. L’altra figlia Mara e i 4 nipoti.
Dal Cin, cosa pensa dell’Udinese?
“Ai Pozzo va il grande merito di mantenere la serie A in Friuli dal ’95, ininterrottamente. E’ un primato, una striscia aperta, se escludiamo solo 4 grandi: Inter e Milan, Roma e Lazio”.
Come ha passato quest’anno di pandemia?
“A casa. A guardare la tv: partite di calcio e tennis, a seguire sci e biathlon. Mia moglie è terrorizzata all’idea di prendere il covid e quindi per andare d’accordo non esco e ho congelato tutti i progetti”.