Proseguiamo la nostra carrellata dei generi di spettacolo attarverso i quali è cresciuta e si p diffusa la canzone italiana. L’ultimo genere che ci rimane da presentare è l’Avanspettacolo. Non è un vero e proprio genere a sé; in realtà è debitore soprattutto del café concerto, ma talvolta anche di “contributi” provenienti dalla Rivista. Avanspettacolo significa spettacolo prima di qualcos’altro. Questo qualcos’altro è il cinema, il film.
L’Avanspettacolo
In Italia, lo sviluppo dell’industria cinematografica giunse in ritardo rispetto a quella di altri paesi europei. Il primo film italiano ad essere proiettato in pubblico fu “La presa di Roma” di Filoteo Alberini. Il film venne proiettato innanzi a Porta Pia la sera del 20 settembre 1905, in occasione dell’anniversario della Presa di Roma. Di quest’opera ci sono rimasti solo pochi frammenti.
Malgrado il ritardo, la crescita d’interesse sia del pubblico che dell’industria cinematografica del nostro paese fu però rapida. Case di produzione erano già attive a Torino si dall’inizio del ‘900 e il successo del primo film incoraggiò i produttori italiani a cimentarsi nella produzione di altri lungometraggi di genere epico storico.
Negli altri paesi
Nei diversi paesi europei il cinema si affermò come spettacolo itinerante. In Italia invece sale cinematografiche stabili si diffusero presto in tutto il territorio nazionale, sottraendo spazi e spettatori ad altre forme di spettacolo.
In questo contesto si affermò una nuova forma di intrattenimento, l’avanspettacolo, che durerà per tutto un ventennio, cioè avrà inizio nel 1930 e conoscerà un declino verso gli anni Cinquanta.
E’ una forma di rappresentazione leggera e divertente, legata a scene grossolane e umoristiche che trattano la quotidianità piccolo-borghese e la satira politica della prima metà del Novecento.
Cos’è l’Avanspettacolo
Lo spettacolo, che avviene esclusivamente nelle sale cinematografiche e dura circa 45 minuti, si alterna alla visione cinematografica, precedendola o a volte seguendola. La struttura si riallaccia alla precedente rivista o al caffè concerto, pertanto ci sono copioni improvvisati, ballerine, cantanti, duetti comici, macchiettismo, doppi sensi, acrobati, funamboli, ironia, parodia, allusione ai costumi sociali del dopoguerra. Tutto un po’ meno di qualità del café e soprattutto della rivista, alla quale i migliori ambivano e spesso riuscivano ad arrivare.
I grandi che arrivano dall’Avanspettacolo
Dall’avanspettacolo infatti giunsero ai grandi teatri personaggi come: De Filippo, Totò, Erminio Macario, Cesco Baseggio, Walter Chiari e tanti altri.
Il fascismo, che vedeva di buon occhio il varietà come forma di svago per una gran massa di gente e che contemporaneamente aveva fatto del cinema la forma d’arte comunicativa privilegiata dal sistema, sostenne il connubio tra teatro leggero e cinema emanando provvedimenti, come, ad esempio sgravi fiscali, per quei teatri che inserivano nella loro programmazione anche la proiezione di film.
Il cinema vola
A questo punto il primo strumento per la grande comunicazione di massa, il cinema, prende il volo sotto la guida e il controllo del regime fascista che fa costruire Cinecittà, finanzia la produzione di film e documentari di argomento storico apologetico, distribuisce nelle sale cinematografiche cinegiornali inneggianti alla gloria del regime. Ma negli studi cinematografici e dietro le cineprese di regime sta crescendo una generazione di registi che faranno grande il cinema dell’Italia liberata. Dall’avanspettacolo nascono Alessandro Blasetti, Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, Lina Wertmuller, Sergio Leone, Ermanno Olmi.
L’Avanspettacolo. Grande successo fuori ma non Italia
All’inizio del Novecento, quando già in altri paesi europei la registrazione su disco si stava diffondendo, in Italia sembrò suscitare scarso interesse Il nostro paese considerò il disco un fenomeno essenzialmente commerciale, utile soprattutto in ambito archivistico e documentario.
Gli anni ’30 e i grammofoni
Dagli anni Trenta in poi (grazie anche alla diffusione della radio), si iniziò a parlare di più delle varie incisioni, in riviste specializzate e in giornali a larga diffusione, con recensioni dei generi musicali più diversi. Però il costo dei grammofoni era piuttosto elevato ed anche i dischi avevano un prezzo non indifferente.
La mancanza di un mercato di riferimento
Inoltre rendeva difficile una grande diffusione dei prodotti, paragonabile seppur lontanamente a quella degli anni 50/60, l’assenza di un vero e proprio mercato di riferimento per il prodotto canzone, mentre l’opera lirica e l’operetta avevano acquirenti ben identificati con una maggiore possibilità o autonomia economica.
Per esempio mio nonno, che certamente non nuotava nell’oro, tutt’altro, con sette figli da crescere e ricorrenti problemi di lavoro, era un grande appassionato di musica e musicista egli stesso.
Pertanto aveva il suo bel grammofono, tenuto come una reliquia in camera, e due grandi raccoglitori di dischi con le più note romanze del repertorio lirico italiano che mio padre sapeva a memoria e canticchiava spesso.
Con l’Avanspettacolo arriva la radio
L’ultimo, ma certamente più importante strumento di condizionamento di massa, è stato la radio.
Il 23 febbraio 1920 la stazione Marconi in Cornovaglia (Gran Bretagna) trasmise il primo regolare servizio radiofonico della storia della durata di due ore. Tale servizio si protrasse per due settimane.
E’ considerato l’inizio del servizio radiofonico nella storia mondiale. In Italia si costituì l’URI (Unione Radiofonica Italiana) che esordì la sera del 6 ottobre 1924 in una sala di un appartamento di via Maria Cristina a Roma.
Fu trasmessa l’esecuzione di un quartetto d’archi: Opera 7 di Joseph Haydn. Fu poi trasmessa della musica scelta e infine, la prima trasmissione si concluse con il bollettino meteorologico e le notizie lette da Ines Donarelli, componente del quartetto d’archi, annunciatrice improvvisata. Il tutto durò soltanto un’ora e mezza. Alle 22.30 le trasmissioni venivano sospese per “far riposare le esauste valvole”.
Una riflessione su Michele Straniero
Chiudo questa rapida carrellata sulla scena della prima metà del secolo scorso con una riflessione di Michele Straniero sugli effetti che le diverse situazioni descritte possono aver creato sugli stati d’animo, sul comune e personale sentire di tante persone che sono state coinvolte non solo in grandi cambiamenti politici e sociali, ma anche di conduzione della propria vita e delle proprie più intime relazioni.
Avanspettacolo e il pensiero Michele Straniero
Michele Straniero, ricercatore sulla cultura popolare e sulla comunicazione umana, partecipe in prima persona della storia di Cantacronache e del Nuovo Canzoniere Italiano ha affidato queste ed altre considerazioni ad un suo lungo intervento all’interno del libro “Le canzoni della cattiva coscienza” publicato con Emilio Jona, Sergio Liberovici e Giorgio De Maria per Bompiani nel 1964
La sua dichiarazione
“Un conto è starsene in casa ad ascoltare la radio e il disco, altro è vivere nell’atmosfera fumosa e gaia del caffè, a contatto con gli artisti e tutti gli altri avventori. Al caffè e in ” sala” la canzone si ascolta una volta sola; in casa propria il disco può continuare a girare per un numero infinito di volte, facilitando la formazione d’un circuito tendenzialmente ossessivo nella mente del consumatore ingordo.
Inoltre, il maggiore isolamento del consumatore in genere, se da un lato portava a gustare con maggior calma il prodotto, soccorrendo l’amatore privato che finalmente poteva stabilire un contatto privo di disturbi esterni tra sé e la propria musica preferita, gli toglieva dall’altro ogni pudore, ogni restrizione di convenzioni sociali, permettendogli di fare del proprio ascolto un piccolo culto privato, denso di emozioni nuove, di piaceri segreti e in una certa misura viziosi.
La valutazione
Aggiungiamo che – accanto alla crisi culturale e politica, alla revisione di molti valori tradizionali, al maturare di situazioni storiche rivoluzionarie – negli anni successivi alla prima guerra mondiale, si verifica in tutta l’Europa una vera e propria promozione sociale, un avvento di masse senza precedenti alla ribalta del consumo di quei particolari beni voluttuari che sono le arti maggiori e minori.
Se qualche decina di migliaia di spettatori poteva un tempo recarsi a teatro o all’opera, centinaia di migliaia possono ormai permettersi un ingresso nelle oscure sale cinematografiche, dove la condizione psicologica d’isolamento è ancora più accentuata, dove la tensione personale tra pubblico e dramma assume caratteri sempre più violenti.”