Rabbrividisco al pensiero dei corsi e ricorsi storici quando si parla dell’isola lagunare delle Grazie. Quattro ettari di verde e fabbricati ex ospedalieri a un tiro di schioppo dalla Giudecca, laguna sud.
La storia dell’Isola delle Grazie
Nel 1669 le suore di S.Maria del Redentore ci impiegarono tre anni e spesero 11.500 scudi romani per diventare proprietarie e trasformare l’isola in convento femminile, già confraternita maschile. Nell’anno del Signore 2021, Giovanna Stefanel e il marito tedesco Ludwig Maximilian Stoffel, pagando 11 milioni e 200 mila euro, si sono accorti di aver impiegato 15 anni per avere il pieno possesso dell’isola lagunare e trasformarla in resort di lusso.
La vendita
Correva l’anno 2006 e l’Usl n.12, oggi Serenissima, vendeva l’isoletta, dopo una combattuta asta, alla società Giesse Investiment Sas di Giesse Verwaltungs Srl. La proprietaria, Giovanna Stefanel, è la sorella di Giuseppe, a suo tempo importante imprenditore veneto del settore tessile, azienda oggi in liquidazione. A contendere la proprietà all’asta pubblica organizzata dall’allora direttore dell’Usl Antonio Padoan, una società pugliese, la Sap Project srl, che aveva lo stesso programma. Trasformare l’isola delle Grazie in una perla turistica, modello Cipriani e dintorni. Nel 2014, dopo otto anni di incomprensioni e di cavilli, ci pensa il TAR ad annullare l’asta. Ricorso al Consiglio di Stato e zampino della amministrazione comunale che pretende visite guidate e fruizione al pubblico per le Grazie.
L’ospedale dell’Isola delle Grazie
Per i veneziani, e non solo, era però l’isola delle malattie infettive, delle epatiti e altri pericoli. Mi ricordo il sito ospedaliero per i due ultimi primari che lo gestivano, i fratelli medici Franco. Uno infettivologo, l’altro responsabile della riabilitazione dei poliomielitici. La chiamavano affettuosamente isola del Francopolio. Umorismo tipico veneziano. Venne chiusa dall’Usl nel 1992 perché la gestione insulare era troppo costosa. Dopo Poveglia (cronicario, 1968), San Clemente e San Servolo (manicomi, 1977), Sacca Sessola (ospedale pneumatologico, 1980), il sistema sanitario lagunare venne smantellato.
I giorni nostri
Ma la cronaca di questi giorni parla ancora delle Grazie, altrimenti detta S.Maria della Cavana o Madonna delle Grazie. Ci sono voluti 15 anni di ordinaria burocrazia giudiziaria civile per dare ragione alla Stefanel che ora, in tempi di Covid, è libera di investire nel turismo d’élite. Ma sembrano passati diversi secoli. Fa sorridere pensare che i testi di storia la francobollano come isola “artificiale” della laguna, sorta nel 1264 da una sacca di materiali di risulta e trasformata in “hotel” per i pellegrini di Terra Santa. Ci perdoni Giambattista Vico, ma la sua citazione era doverosa.
L’Isola delle Grazie e un business antico
Il business dei pellegrini da trasportare fino a Gerusalemme era talmente lucroso che una Confraternita fiorentina, ovvero il convento di San Girolamo di Fiesole, la prende in gestione. Narrano le cronache che nel 1327, un abate ferrarese, tale Fra Benedetto (ma con moglie e numerosa prole) lascia alla vedova Margherita l’incombenza di abbandonare l’isola. Anche in quel frangente ci vollero tre lustri per mettere le pratiche in regola.
La nascita del convento
Passano i secoli. Nel 1810 è ancora convento, ma femminile. Con Napoleone non si scherza e nel 1815 viene trasformata in polveriera militare. Stessa sorte per altre isolette ai tempi del Blocco continentale. Nel 1849, annus horribilis per Venezia, l’isola venne devastata da un incendio e distrutta la chiesa che già conservava opere del Tintoretto e di Sebastiano del Piombo.
Ora l’isola delle Grazie pensa al futuro, anche se nel frattempo a causa del moto ondoso e dell’incuria è crollato il muro di cinta sud e la vicina cavana. Gli edifici dopo tanto abbandono, sono decrepiti. La speranza, dopo la meditazione post-pandemica, è di trasformare l’economia turistica, in qualcosa di diverso, di sostenibile, in laguna.