Dopo un duello tra miliardari, il Berggruen Institute, una fondazione americana, si aggiudica il gioiellino neogotico della Giudecca. Cospicue le offerte presentate agli inizi, tra gli otto e dieci milioni di euro. A soccombere, l’imprenditore francese Stéphane Courbit con forti interessi nel campo dell’audiovisivo, dell’energia e degli hotel di lusso. Lo spettro tanto temuto dai veneziani di nuovi grandi alberghi in laguna si sta dunque per dissolvere? Quale futuro per la celebre Casa dei Tre Oci? Secondo Michele Bugliesi che presiede la “Fondazione di Venezia”, il Berggruen Institute, garantisce il ruolo culturale dell’immobile. Indipendente, no-profit, attivo sui temi che riguardano le politiche internazionali e le sfide globali. Il suo presidente è Nicolas Berggruen, intellettuale filantropo che ha fondato l’omonimo Museo di Berlino e il “21st Century Council for the Future of Europe”.
Il progetto americano e la Casa dei Tre Oci
Il progetto della Fondazione americana prevede che la Casa dei Tre Oci ospiti convegni internazionali, workshops, mostre di fotografia, arte e architettura, in collaborazione con i grandi musei del mondo come il MoMA di New York ad esempio. Inoltre, lascia la possibilità di utilizzare la Casa altri due anni per ulteriori iniziative culturali.
Tuttavia, ogni cambiamento che riguardi il patrimonio inestimabile della città lascia sempre un carico d’ansia per il futuro e uno strascico pesante di polemiche sollevate, secondo molti, dalla vendita effettuata per ripianare i conti dopo il tonfo dell’M9, il Museo multimediale del ‘900.
Le dichiarazioni
Tra le varie dichiarazioni registriamo quella di Gianni De Luigi, il regista spiega che all’interno della Casa della Giudecca, ci sono tante opere di valore, quadri, vetri, mobili, che fanno parte della storia della sua famiglia e della città stessa, si chiede cosa accadrà e spera che il patrimonio non vada disperso.
Chi conosce la bellezza della palazzina neogotica sa quanto sia importante continuare a beneficiarne, l’edificio esalta ogni opera esposta. Uno scrigno luminoso con affaccio sul Bacino di San Marco. Quando hai visto una mostra in questo luogo, difficilmente la dimentichi.
La Casa dei Tre Oci uno scrigno di tesori
I più grandi autori hanno esposto alla Casa dei Tre Oci, la Fondazione di Venezia, proprietaria di un’importante collezione di fotografie acquisì l’edificio circa vent’anni fa, dando il via nel 2012 assieme a Civita Tre Venezie ad uno spazio interamente dedicato alla valorizzazione e fruizione di quest’arte con mostre a carattere internazionale.
Io le ho seguite praticamente tutte. Confesso che in tempo di Covid, rimpiango la marea di gente ammassata, quasi schiacciata alle pareti per assistere alle varie inaugurazioni. Eventi mondiali, a volte con la presenza dell’autore, e si parla di miti assoluti della fotografia, come Elliot Erwitt con la sua Personal Best, che firmava autografi durante la prima. Insomma, il museo vive di luce propria da sempre.
Dalla fotografia all’oro
Basta sfogliare il calendario per scoprirlo: dal grande fotoreporter umanista brasiliano Sebastião Salgado, a Helmut Newton, Jacques Henri Lartigue, David LaChapelle, Fulvio Roiter, Berengo Gardin, Letizia Battaglia, Ferdinando Scianna, passando per i grattacieli in costruzione di Lewis Hine, le sue immagini degli operai al lavoro sopra l’Empire State Building sono entrate nella leggenda. In preparazione a marzo la retrospettiva su Mario De Biasi uno dei più noti fotoreporter italiani.
Viaggiando nel tempo, c’è una storia di grande fascino che vorrei raccontare, quando negli anni ’60 glamour e arte trionfavano in laguna e che ho scoperto grazie alle testimonianze di amici attivi da sempre nel mondo della cultura, come l’artista orafo Domingo De La Cueva.
La Casa dei Tre Oci e Paloma Picasso
Le sue creazioni sono presenti in musei e collezioni internazionali e tanto amate da reali come la regina di Danimarca e dal mondo del cinema hollywoodiano. È grazie a lui che ho scoperto la sensazionale foto apparsa su Vanity Fair con Paloma Picasso.
La figlia del grande Pablo indossa solo gioielli, tutte creazioni di Domingo De La Cueva, che in quegli anni abitava proprio alla Casa dei Tre Oci, da sempre cenacolo artistico culturale, studio degli artisti che partecipavano alla Biennale e spazio ospitale per gli intellettuali di passaggio, da Morandi a Fontana, da Sciltian, alla figlia di Peggy Guggenheim.
L’immagine con Paloma è del 1967, è stata scattata da John Loring, direttore artistico di Tiffany, nella terrazza della Casa dei Tre Oci. Sullo sfondo si vede la cupola della chiesa delle Zitelle. La Penthouse era lo studio di un leggendario architetto nato a Vienna nel 1928 e scomparso nel 2000, Hundertwasser, pittore, scultore, ecologista, anticipò molti concetti di bioarchitettura. I suoi progetti affascinanti hanno uno stile inconfondibile, pavimenti ondulati, poche linee rette, luminosità degli spazi.
Una storia da ricordare sempre
Le storie importanti hanno bisogno di flashback, così dagli anni ’60, facciamo un salto ai primi del Novecento quando vicende artistiche e personali si intrecciavano in una Venezia che forse abbiamo dimenticato. L’isola della Giudecca, in pieno fermento si stava trasformando, luogo di importanti cambiamenti architettonici e urbanistici, nuova edilizia popolare e borghese, complessi industriali come Molino Stucky e Junghans, agli inizi del Novecento era la più grande fabbrica di orologi al mondo.
La Casa dei Tre Oci, originale esempio di architettura neogotica, viene disegnata dall’artista bolognese Mario de Maria (Marius Pictor). Costruita nel 1913, nasce come casa-studio del pittore che ne segue scrupolosamente i lavori.
I Tre Oci della palazzina scrutano misteriosamente il visitatore che arriva alla Giudecca dal Bacino San Marco. Perché viene chiamata Casa dei Tre Oci? Le immense finestre a forma di occhio nascondono una storia commovente.
Cosa nascondono gli occhi della Casa dei Tre Oci?
Nel 1892 Mario de Maria si trasferisce a Venezia, con la moglie e il figlio Astolfo che diventerà anche lui un celebre pittore. Purtroppo, nel 1904 muore la secondogenita Silvia che lascia l’artista in uno stato di prostrazione dal quale faticherà molto a riprendersi.
Un lungo ricovero in una clinica Svizzera poi grazie all’aiuto della moglie e degli amici, torna alla sua attività artistica. Espone alla Biennale, si inserisce con grande vitalità nell’ambiente culturale cittadino, si batte per la salvaguardia del centro storico, è in contatto con blasonate presenze come Gabriele D’Annunzio, Eleonora Duse, Mariano Fortuny.
Decide di colmare il grande vuoto lasciato dall’amata figlia, dedicandole una casa simbolo in stile neogotico. I tre occhi simboleggiano lui stesso, la moglie e il figlio, mentre Silvia è rappresentata dalla bifora sovrastante. Diventerà la residenza veneziana della famiglia.
Sarà luogo di produzione culturale internazionale, attivo sino alla fine degli anni ’80. Vi abiteranno il figlio di de Maria, Astolfo anche lui grande pittore, con la bellissima moglie Adele che dopo la morte del marito sposerà il noto regista Giulio Macchi. Nell’immenso archivio storico della Casa dei Tre Oci, ci sono anche gli scatti realizzati proprio da Adele che viaggiando con il marito documentava privatamente il suo lavoro dietro le quinte tra un set cinematografico e l’altro, eventi culturali internazionali, impressioni di viaggio in India, Pakistan, Cina, Giappone, veri e propri reportages.
Il mio ricordo
Voglio anche ricordare un’altra splendida esposizione realizzata a cento anni dalla Grande Guerra: “Venezia si difende” titolo premonitore, epico racconto di una città alle prese con i devastanti bombardamenti, dai rifugi, agli ospedali, alle macerie, alle strategie per la salvaguardia dei monumenti. Immagini straordinarie e terribili come il soffitto affrescato da Giambattista Tiepolo nella Chiesa degli Scalzi distrutto da una bomba austriaca il 24 ottobre del 1915.
E mentre Venezia si appresta a celebrare 1600 anni dalla fondazione, secondo tradizione e leggenda il 25 marzo 421 è la data del primo insediamento, noi chiudiamo questo viaggio con l’architetto viennese che abitò alla casa dei Tre Oci. Dopo lunghi viaggi tra Italia, Marocco, Giappone, Nuova Zelanda, Hundertwasser morì per un’insufficienza cardiaca nell’Oceano Pacifico a bordo del transatlantico Queen Elizabeth.
Nel parco Nazionale del Danubio c’è una targa celebrativa in suo onore con questa frase: “La natura libera è la nostra libertà”.
Emozionate, intenso, chiaro da valida professionista.
Rosalisa Costantini
Elisabetta cara, che bella narrazione la tua! L’estate scorsa durante un breve soffio di libertà dall’angoscia che ci attanaglia ancora oggi, ero alla scoperta della Giudecca ‘ interna’ con due persone che sono molto care ad entrambe. Grazie per avermi riportata a quel ricordo e per avermi edotta su un edificio dal passato davvero colmo di fascinose storie.
Ti prego, scrivi ancora.