Una persona mi ha raccontato i propri sogni, dicendomi che non riesce quasi più a immaginare una realtà diversa da quella che stiamo vivendo. Anche nelle sue ore di sonno, momenti di libertà che sono concessi a tutti, le persone non si toccano, non si abbracciano, portano maschere, subiscono restrizioni più o meno gravi alla propria libertà, rischiano il contagio, a volte muoiono in isolamento. Ovviamente i sogni non sono la realtà, quindi certi dettagli nei racconti erano decisamente fantasiosi, esagerati, irrealistici, alcuni direbbero simbolici.
Ma il fatto che gli orizzonti e i temi ricorrenti nell’esperienza onirica siano diversi da un anno fa è un indice che qualcosa sta cambiando nel profondo. Ovviamente il racconto di una persona non ha valenza statistica, ma le esperienze individuali spesso ci fanno riflettere e ci mostrano – forse anticipano – aspetti della realtà che sfuggono alla raccolta dati o all’analisi matematica. Chi ha vissuto all’estero per un lungo periodo di tempo probabilmente si ricorda la prima volta che ha sognato in lingua straniera. Generalmente quell’evento è coinciso con la consapevolezza che qualcosa stesse cambiando, che la propria identità e il modo di vivere fuori dall’Italia stavano diventando qualcosa di più profondo che una fase temporanea.
La nostra vita confinata
Le restrizioni, le regioni a colori, le regole per la sicurezza propria e altrui, le conferenze stampa e i DPCM sono diventati una parte preponderante della nostra vita. Dopo più di un anno di pandemia la fatica si fa sentire, e anche la resilienza si riduce. Le nostre difese si abbassano e la relazione con la realtà confinata diventa quasi ipnotica. È come il colpo di sonno in macchina: si sente che sta arrivando, si cerca di combatterlo, però è difficile e bisogna avere la saggezza di comprendere il pericolo e fermarsi.
La tentazione di cedere al disagio è anche figlia di una memoria sempre più distante di ciò che era stata la nostra vita e la nostra società, nel bene e nel male. Il 2019 era un anno molto difficile, ricco di contraddizioni, di conflitti e di paure, ma le micro routine e le abitudini quotidiane erano simili a quelle di 10, 30 o anche 60 anni fa. Eppure è un mondo già distante, e come tutto ciò che è lontano assume contorni mitologici. Ulisse in Omero ha ricordi di Itaca – un’isoletta rocciosa, non proprio un paradiso tropicale – come di una terra promessa. La ragione è che non ci torna da anni e anni e i ricordi si mischiano alle fantasie. Noi sappiamo che c’è stato un passato in cui ci abbracciavamo, si viaggiava e si faceva festa. Adesso i contorni della realtà sono percepiti da molti come più simili a una cella, e la disperazione diventa una sirena su uno scoglio che invita ad abbandonarsi al suo canto.
Esiste un domani
La situazione non è facile. Anche solo riuscire a pensare che esisterà un futuro diverso è un esercizio complesso per tante persone. E senza un pensiero che comprende passato, presente e futuro non c’è creatività, non c’è spinta, non c’è gioia nella quotidianità. E allora dobbiamo trovare un appiglio, un pensiero che ci traghetti oltre la pandemia, che ci permetta di tenere sempre a mente che l’emergenza finirà e ci renda possibile accogliere le novità della vita post-covid in maniera proattiva e propositiva. Noi abbiamo già lo strumento che ci serve: si tratta del nostro passato, della consapevolezza di essere parte di un’umanità che è più vasta e antica di quanto noi potremo mai essere.
Un altro Ulisse, quello di Dante, esorta i suoi compagni a ricordare la loro umanità, i loro antenati e il loro ruolo nell’accrescere il sapere proprio e collettivo. Lo fa per rincuorarli prima di un’impresa difficile e pericolosa, mai fatta prima – “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Ora è il nostro turno di considerare la nostra “semenza”, di ricordarci che un virus non può piegarci né come individui né come società. Noi abbiamo già visto tutto perché noi siamo gli Egizi, i Greci, i Romani, il Rinascimento, la Rivoluzione. Abbiamo superato piaghe, carestie, pestilenze, guerre e nel frattempo abbiamo creato capolavori, esplorato oltre i confini del pianeta, abbiamo studiato e scoperto. Questa consapevolezza – e la comprensione profonda di tutti gli errori che abbiamo fatto e che stavano erodendo la nostra società – possono essere il nostro salvagente. Noi possiamo ancora vedere e creare il futuro, e dobbiamo averne la forza. Soprattutto, siamo ancora liberi di sognare e non dobbiamo mai dimenticarlo.