Venezia il 25 marzo 2021 “compie” 1600 anni e li dimostra tutti. Ma con due falsi. È inventata la data, “ad urbe condita” ad imitazione di Roma. È scorretta la fondazione della prima chiesa sorta, attorno alla comunità di San Giacometo di Rialto. Infatti è dimostrato che risale appena al XII secolo.
Nessun 1600
È sufficiente leggere l’ultimo lavoro del docente di storia bizantina a Ca’Foscari, professor Giorgio Ravegnani, per capire che le due pietre miliari delle origini sono vere come l’ottone scambiato per oro puro. Nel libro “Venezia prima di Venezia, mito e fondazione della città lagunare” si chiarisce ogni cosa. A parte questa piccola premessa storiografica, la città, oggi incredibilmente vuota anche di turisti, festeggia se stessa. Si attendono progetti e celebrazioni.
A cosa serve un compleanno?
Nel nostro caso a ricordare chi e cosa eravamo. I nostri antenati si recarono nel IX secolo, ad Alessandria d’Egitto e trafugarono, coprendolo di carne porcina, il corpo dell’evangelista Marco che infatti era presente ad Aquileia, a cento chilometri dalla Venezia attuale. La pace di Aquisgrana richiedeva indipendenza sia dai Franchi che dai Bizantini. Una questione quindi di geo-politica, si direbbe oggi. L’evangelista Marco non fu mai “veneziano”.
Ma oggi fa parte della retorica spicciola di molti residenti in centro storico, ostentare la propria grandezza, la Serenissima e le glorie del nostro leon. Una specie di marchio di fabbrica superiore. Il poeta Mario Stefani, morto esattamente venti anni fa, amava ripetere un divertente aforisma: se non ci fosse il ponte della Libertà, l’Europa sarebbe un’isola…
Se dovessi suggerire oggi come ricordare i 1600 anni della città soffierei su queste candeline
il mito di Antenore e dei fuggiaschi troiani tanto cari a Tito Livio e dal Chronicon Altinate, ovvero Origo civitatum Italiae seu Venetiarum, una delle fonti più antiche della nostra storia
La lettera di Cassiodoro di Tribuni marittimi delle Venezie del 537
L’Historia Langobardorum di Paolo Diacono del 789.
Come festeggiare un compleanno così scomodo?
La prima cosa da fare è mobilitare le scuole e gli studenti. La formula “Venetia” è assai complicata e mobile. Il nome della città inizia con la denominazione romana della “Decima Regio Venetia et Histria”, copre un territorio immenso che va dall’Adda delle province dì Bergamo, Brescia e Mantova, fino alla penisola istriana, attraversando metà arco alpino. Andar per i Sette Mari, termine tanto caro agli antichi cronisti, era un territorio anfibio e pieno di fiumi navigabili, che andava da Ravenna a Trieste. Nella lettera ai Tribuni Marittimi, Cassiodoro descrive i lagunari come “persone che non conoscono l’invidia…mangiano pesci a sazietà …e hanno come unica ricchezza il sale”.
Per cui il compleanno “veneziano” dovrebbe partire da Aquileia, arrivare a Concordia, Altino, Torcello, Clugia Maggiore e Minore, ovvero Chioggia. Venezia è solo una ultima componente. Un ultimo tassello di un bel mosaico. La cosa più divertente che cita Cassiodoro descrivendo le popolazioni anfibie del Dogado delle origini, da Grado a Cavarzere: “legano alle pareti le barche come fossero animali”. Ecco il tema delle barche. In una ricerca fatta negli anni Settanta prima che l’avvento della plastica distruggesse per sempre la cultura millenaria delle barche in legno, si contava una tipologia di circa sessanta imbarcazioni. Per la pesca, per il trasporto, per il lavoro, per il “sollazzo”, come le “mascarete’ o i “pupparini”, oppure le “bissone” da regata. Semplici barche da divertimento. Quale altra comunità antica può vantare una singolarità del genere? Barca xé casa, dicevano gli antenati. Ecco dunque una cosa da fare subito per i 1600 anni. Venezia non ha un museo dedicato alle imbarcazioni e alla loro storia.
Secondo appunto sui 1600 anni
Venezia è stata una delle più grandi metropoli medievali. Nel ‘400 solo Parigi, Napoli e Venezia potevano contare circa 200 mila abitanti. Ora la città conta di 148 chiese e 170 campanili. Un vero concentrato d’arte e di storia. Una quarantina di chiese sono da anni chiuse al pubblico. Un esempio? La chiesa di San Marziale a Cannaregio con tele di Tiziano Vecellio, Jacopo Tintoretto e il magnifico soffitto affrescato di Sebastiano Ricci è da anni inibita ad ogni visitatore. Quante altre città si possono permettere uno spreco del genere? San Bartolomio, chiesa del IX secolo, vicino al ponte di Rialto, ha dipinti di Sebastiano del Piombo e un capolavoro di Palma il Giovane. Chiusa. Attraversando il ponte di Rialto dalla parte del sestiere di San Polo, un altro capolavoro del Tiziano è quasi sempre precluso, assieme alla dirimpettaia tela del Pordenone. La storia dell’arte ci racconta della rivalità tra i due artisti sorta proprio nella chiesa di San Giovanni Elemosinario.
Soffiamo ancora sulle 1600 candeline?
Quasi tutti i campanili sono oggi inaccessibili. Vedere Venezia dalla sommità di un campanile è uno spettacolo unico. Sogno una visita “sali e scendi”, magari vestito da runner, tra i campanili di Venezia a partire da quello di San Pietro di Castello, opera di Mauro Codussi, che domina la laguna, per arrivare al campanile più alto di Venezia, dopo quello di San Marco, ovvero quello dei Frari. È alto oltre 70 metri. L’abate geografo, cosmografo e cartografo di fama mondiale, Vincenzo Coronelli, tra ‘600 e ‘700, era da questo campanile che si concentrava per le sue opere.
Buon compleanno Venezia! (La bruttezza del presente ha valore retroattivo, Karl Kraus)