L’Italia ripartirà, deve farlo. Ma non sarà una ripartenza uguale per tutti. C’è chi sta soffrendo più di altri, chi avrà perso più di altri, chi si troverà con cicatrici più profonde. Non si tratta solo dei commercianti e di chi lavora nei settori economici più colpiti dalla pandemia. Non si tratta solo dei giovani, che hanno sofferto l’isolamento e la chiusura delle scuole e dei luoghi di socializzazione. Troppo spesso non ci ricordiamo degli anziani, specie quelli chiusi nelle case di riposo: loro, che sono “invisibili” nella nostra società, stanno soffrendo e dovranno essere aiutati in ogni modo nel prossimo futuro.
Il paradosso nel nostro paese è quello di aver giustificato tante misure restrittive per proteggere le fasce più fragili della popolazione, salvo poi dimenticarne il benessere quotidiano.
Agli anziani è stato tolto tanto
La reclusione, l’impossibilità di uscire o di vedere i propri cari, la consapevolezza del tempo che passa e del fatto che ne rimane sempre meno: gli anziani sono i più fragili non soltanto rispetto al contagio ma anche rispetto alla situazione sociale che si è creata. Aiutarli sarà un’impresa difficile anche per coloro che hanno gli strumenti e la possibilità di farlo: i loro cari e i professionisti. Sarà difficile perché a loro è stato tolto tanto, sarà difficile perché c’è poco tempo, sarò difficile perché le condizioni sono complesse. Ma tutto questo non rende quest’attività meno importante: ne va della nostra umanità e dell’evoluzione della nostra cultura.
Portare il passato nel futuro
La psiche è un fatto individuale e collettivo. Impegnarci per gli anziani oggi significa far superare la pandemia alla nostra cultura e alla nostra società mantenendo un grado di compattezza che non deve essere perdute. Il pericolo è risvegliarsi in una società individualista e frammentata, in cui la sopravvivenza individuale è l’unica priorità. I ricordi, le storie che si tramandano, le esperienze di un mondo che non c’è più vivono attraverso le generazioni. La cultura contemporanea, caratterizzata dalla tenace attenzione al qui e ora, alla velocità, all’abilismo tecnologico non contempla i tempi dilatati e la fisiologica imprecisione del racconto, la pazienza. Eppure, ricucire il rapporto con gli anziani può essere il modo per uscire veramente dalla pandemia e procedere verso una strada positiva.
La forza che può curare
Lo spot di Tornatore sulla ripartenza, non a caso, si concentra sul contatto tra le generazioni. Ma la vera protagonista è l’emozione, che non ha età. Quando l’emozione diventa condivisa, quando supera la dimensione individuale, lì c’è la forza che cura. Questa forza deve essere tenuta viva come il fuoco delle antiche vestali, deve essere il faro che ci porta tutti verso un porto sicuro, deve essere la cosa che non si dimentica.