In ogni squadra molto giovane è sempre necessario avere una guida, un punto di riferimento. Gianni Fabiano, capitano e numero dieci del Mestre, lo è sicuramente per i suoi compagni arancioneri. Arrivato alla corte di Zecchin nell’ottobre del 2019, Fabiano ha subito messo a disposizione le sue doti e la sua esperienza. Giocatore amato dai tifosi, specialmente da quelli della Pro Vercelli che lo ricordano per un gol di tacco decisivo in finale playoff contro il Sudtirol, e dalle tante esperienze e promozioni vissute sul campo, con le maglie anche di Carpi e Venezia.
Fabiano, è al suo secondo anno a Mestre. Come si trova?
Bene, venivo da quattro stagioni a Venezia e nel nostro territorio Mestre ha sempre rappresentato una realtà importante, accettare non è stato difficile. L’anno scorso infatti quando ho parlato con i dirigenti mi sono subito reso conto di trovarmi davanti ad una società forte, con una piazza ed una tifoseria di alto livello per la categoria a completare la cornice. Anche per questo sono felice di essere rimasto un’altra stagione, non mi piaceva l’idea di lasciare questa maglia dopo un mezzo campionato, dato che un anno fa ci siamo dovuti fermare a febbraio.
La rosa è composta da tanti giovani, come è lavorare con questi ragazzi?
Quest’anno la rosa è composta da più giovani e mi fa piacere che la società abbia scelto di inserire giocatori d’esperienza, come me, in questo contesto. Per questo motivo sto cercando di essere per loro una guida, i ragazzi hanno entusiasmo e tanta voglia di imparare. Far parte di questa squadra è stimolante ed io mi rivedo nei nostri giovani, che mi fanno rivivere il passato e i miei primi anni da calciatore.
Ha già segnato 4 gol, qual è il segreto?
Grazie alle mie caratteristiche offensive ho sempre segnato qualche gol. L’unico segreto, e questo la mia carriera me lo ha insegnato, è il lavoro, frutto di ogni successo. Lo considero davvero il mezzo migliore per ottenere qualcosa, a qualsiasi età.
Quali sono state le sue esperienze più significative in carriera?
Le stagioni a Vercelli e Venezia sono state sicuramente le più importanti, colorate da campionati vinti, successi ed anche sconfitte, le quali insegnano sempre qualcosa. A Vercelli abbiamo conquistato due promozioni in Serie B, di cui la prima dopo ben 64 anni di assenza dalla categoria, e a Venezia invece siamo riusciti a fare il doppio salto dalla D alla B, arrivando anche in semifinale playoff contro il Palermo. Anche le sconfitte sono però capaci di arricchirti ed una delle mie stagioni più significative è stata a Como, avevo venti anni ed eravamo in C1. Fu un’annata molto difficile, la piazza veniva dall’epoca Preziosi e, a causa dei problemi societari, non abbiamo ricevuto lo stipendio per tanti mesi. Perdemmo purtroppo il playout contro il Novara e retrocedemmo ma oggi posso dire che quella stagione mi formò come uomo.
Fabiano c’è un allenatore con il quale crede di essere cresciuto? Lei ha già il patentino per allenare?
Durante la mia carriera ne ho avuti tanti ed ho cercato di prendere ad ognuno di loro tutto ciò che ritenevo potesse essere giusto. Chi mi ha sorpreso è stato Pippo Inzaghi, avuto a Venezia per due anni. Ha cercato di trasmetterci la sua dedizione al lavoro e al sacrificio, la stessa mentalità che aveva anche da calciatore e che lo ha portato a vincere in ogni competizione. Inoltre non è scontato vedere uno sportivo del suo calibro calarsi senza presunzione in una squadra neopromossa in Serie C. È un allenatore con dei valori e sono contento che li stia dimostrando anche nella massima categoria. E’ vero che ho il patentino di allenatore, l’AIC (Associazione Italiana Calciatori) offre la possibilità di fare dei ritiri a Coverciano ed ottenere il patentino da allenatore o da collaboratore tecnico. Arrivato a questo punto della mia carriera sento la responsabilità di dover programmare il mio futuro e questa, ovviamente, rappresenta una strada percorribile.
Fabiano, dall’alto delle sue numerose promozioni conquistate, ben 5, questa squadra può ambire ad un posto ai playoff?
Penso che la squadra abbia dimostrato di poter lottare per una posizione alta, anche se in alcune partite non siamo riusciti a fare lo step necessario per il salto di qualità, questo non può essere un caso. Possiamo quindi stare in alto ma, considerando il gruppo molto giovane, sarà necessario un grande lavoro da parte di tutti. Del resto il calcio mi ha insegnato che alle volte è possibile partire con un obbiettivo e ritrovarsi poi a lottare per tutt’altro. La linea è molto sottile ma, per come abbiamo lavorato in questi mesi, è giusto avere un’ambizione.
Foto per gentile concessione dell’AC Mestre