Perché uccidono? Cosa spinge un individuo al gesto atroce, a giungere a sfiorare quel labile confine tra la “normalità” e l’aberrante follia che porta a togliere la vita ad un altro essere umano? Lo sappiamo bene d’altronde. Che derivino dal contesto ambientale, familiare, sociale oppure da una situazione biologica pregressa, le motivazioni che portano un individuo ad uccidere sono senza dubbio molteplici. E si intrecciano fra di loro a formare un’intricata rete di caleidoscopici aspetti che spesso è difficile estrapolare e analizzare separatamente l’uno dall’altro.
Vita e crimine
Ma il più delle volte non è necessario discostarsi così tanto da ciò che abbiamo davanti ai nostri occhi: l’intreccio di questi aspetti lo possiamo ritrovare, molto spesso frammentato e confuso, nella storia di vita di chi quel crimine lo ha commesso.
Dare un significato a un’esistenza
La nostra narrativa personale permette ad ogni essere umano di creare e attribuire un senso a sé stessi e al mondo che ci circonda. Importante è addentrarsi nel modo attraverso il quale colui che ha ucciso spiega e dà significato alla propria vita, ai suoi comportamenti, al proprio modo di funzionare nel mondo, e anche al crimine che ha commesso.
E quando una trama di vita comincia a disgregarsi, come fili mal intrecciati all’interno di un telaio, cominciano una serie di piccoli ma significativi “scivolamenti” che possono talvolta portare quella trama a spezzarsi.
La vita di Asot
Così è successo ad Asot (pronuncia: Ashòt, ndr), un ragazzo poco più che ventenne originario della Moldavia, che ha tolto la vita ad un altro giovane uomo di origini nord africane freddandolo con un colpo di pistola in pieno volto mentre dormiva ubriaco su una panchina di una piazza della periferia di Padova.
Una vita distrutta. Insieme ad un’altra
17 anni di carcere: questa la pena stabilita dai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Venezia riformando la sentenza di primo grado, che lo condannava invece a 20 anni di reclusione, per l’omicidio di quel giovane uomo. Inizialmente vittima di una rissa scoppiata a causa del troppo alcol e degenerata poi con un regolamento di conti dall’epilogo tragico.
Vita e redenzione
Niente premeditazione per il giovane Asot, a cui sono state invece riconosciute le attenuanti della collaborazione con gli inquirenti e del corretto comportamento processuale, nonché la sua personale volontà di risarcire economicamente i familiari della vittima.
Non solo: è stata prodotta una consulenza medico legale con cui si certifica che le reazioni violente del giovane moldavo avrebbero subìto una forte influenza da parte di un costante abuso di sostanze alcoliche.
E c’è di più: le autorità carcerarie definiscono Asot, attualmente recluso, un detenuto dal comportamento esemplare, impegnato in numerose attività risocializzanti all’interno della struttura.
Qualcosa si rompe
Cos’ha spezzato la storia di vita di questo giovane uomo dal sorriso “amichevole”, quale filo del telaio non si è intrecciato armonicamente con gli altri, portando ad uno strappo repentino e brusco di una parte di quella trama?
Chi è Asot
Si era integrato piuttosto bene in Italia Asot. Arrivato nel nostro paese poco più che adolescente, lavorava come operaio, la sua vita ormai era qui. Una vita vissuta però con il ricordo di una madre severa, che quando era piccolo si adirava a tal punto che “esplodeva” e gli diceva “aspetta che arrivo, prendo la cintura di tuo padre e arrivo…”. Ed un padre che invece cercava, per quanto possibile, di rimanergli accanto e di parlare, lo accompagnava a capire il perché delle cose, o semplicemente un altro punto di vista.
Quando l’alcol irrompe nella sua vita
Ad un certo punto però l’alcol comincia a diventare un fedele compagno e alleato di Asot, dando inizio a quella serie di inesorabili “scivolamenti” che, in un percorso di tortuoso e confuso, in una mattina di primavera portano il giovane moldavo a sparare e togliere la vita ad un uomo.
I fattori di rischio correlati all’uso di sostanze alcoliche sono molteplici, e tra questi molti sono legati alla sfera psicologica, educativa e socio-ambientale di ogni singolo individuo. Tra le diverse cause spicca anche la mancanza di un sostegno familiare, soprattutto affettivo, per cui la difficoltà emotiva legata, tra le altre cose, soprattutto alla comunicazione e alle modalità relazionali tra i diversi membri del nucleo familiare, porta ad un senso di vuoto e solitudine, di mancanza di comprensione di sé.
Vita e dipendenza
La nostra condizione di essere umani, alla nascita, presuppone uno stato di dipendenza dalle cure psicologiche e fisiche materne o della figura di accudimento a cui il neonato si affida, in quanto non in grado di provvedere da sé al soddisfacimento dei propri bisogni primari.
Tale condizione primordiale porta inevitabilmente ognuno di noi a ricercare un senso di sicurezza e benessere stabili e duraturi. Dapprima nelle figure di accudimento più significative e a noi più vicine, sia emotivamente che fisicamente. Successivamente anche nei rapporti sociali con le persone per noi importanti.
Una vita stravolta nel cuore
Talvolta però, quelle figure di riferimento dalle quali ci aspettiamo che provengano cura, calore, affetto, fiducia e protezione, sono le stesse che, come nel caso di Asot, provocano solo ematomi sulla pelle e una ferita irreparabile nel cuore. È così che possono avvenire i primi strappi nella trama della nostra vita, la prima smagliatura della tela della nostra esistenza.
Quando manca qualcosa
Asot percepisce l’indisponibilità della figura di riferimento più importante e la paura che la stessa gli provoca, non il calore e l’affetto. Ma il benessere e la sicurezza sono bisogni indispensabili per l’uomo. Così come lo sono per il giovane Asot, che li ricerca quindi in qualcun altro, o in qualcos’altro.
Passo dopo passo, bottiglia dopo bottiglia, si rifugia in qualcosa che può essere sempre presente e disponibile ogniqualvolta lo desideri. Che non deluderà mai, e che può facilmente essere sotto il suo controllo.
Qualcosa che può finalmente fargli raggiungere quel benessere e quella sicurezza di cui tanto aveva bisogno, e che diventa inesorabilmente il più grande alleato nell’allentare la tensione e mitigare l’ansia derivante dalle situazioni di stress della vita quotidiana e nell’alleviare le sue passate, ma ancora presenti, sofferenze personali.
Da alleato a nemico
Tuttavia, quando spara al giovane uomo maghrebino, il più grande alleato di Asot diventa, in una manciata di secondi, il suo peggior nemico. E da lì il buio, il buio dell’anima. Delle notti passate in cella, e della disperazione per aver tolto una vita e aver buttato via la propria.
Si può riparare una vita
Ma i fili scuciti si possono rammendare, gli strappi, ricostruire. È questo ora lo scopo di Asot, che in carcere si sta mettendo in discussione giorno dopo giorno e cerca di parlare, comunicare, capire. Aspetti talmente semplici, ma che nella sua vita forse sono stati fin troppo carenti.
Asot a scuola
Parla con professionisti e volontari che lo supportano. Parla ai ragazzi delle scuole superiori, raccontando loro come quando, poco più che adolescente, pedalava in bicicletta lungo la pista ciclabile che costeggia il carcere. Quel carcere dove ora lui stesso è recluso, pensando che mai e poi mai sarebbe finito lì.
Apre loro il suo cuore, pieno di ferite, rammarico e disperazione, tentando di persuaderli a non prendere mai la strada sbagliata.
Una nuova vita
Nel suo nuovo percorso verso la consapevolezza e la responsabilizzazione, il dialogo e il confronto stanno diventando i nuovi alleati di Asot, perché qui dov’è lui ora “si fanno i conti, e se alla fine i conti non tornano, per farli tornare bisogna solo che continuare a parlarsi e cercare ancora e ancora il confronto”.