“Unfit”, inadatto. Il registra Partland, nel suo documentario del 2020, con il contributo di psicologi e lettori della mente, bolla con un unico, inappellabile, aggettivo la figura di Donald Trump. Ne seguono tutta una serie di termini diventati di lessico comune: “narcisista, sociopatico, bugiardo patologico”. Messi assieme, diventano una diagnosi senza speranza di guarigione.
La grafologia
Quando leggo questi interventi, mi sento fortunata a fare altro. La grafologia, infatti, non è psicologia ma è storia dell’uomo. E’ uno strumento che non ha la certezza della diagnosi, non cerca cure, non trova malattie, ma ha un potere, per certi aspetti, più forte, più di respiro: apre orizzonti.
La sfida tra Hillary Clinton e Donald Trump
Era l’anno 2016; gli ultimi giorni della sfida tra Hillary Clinton e Donald Trump. Ancora non si conosceva il nome del nuovo presidente e di Trump scrivevo: “La firma ci parla di un soggetto che ama qualsiasi forma di sfida e, nel contrasto, si rafforza.
La scrittura di Donald Trump
Il calibro grande della scrittura ci comunica che tende ad avere ‘visioni in grande’ che rischia di vedere sgretolate nel rapporto con la realtà. Gioca in attacco Trump, senza nascondere che, per lui, le sfumature e le finezze sono secondarie e, addirittura, le snobba (pressione grossa). Gioca non prendendo nemmeno lontanamente in considerazione la possibilità di perdere”.
Nel 2016 la grafologia ci aveva già raccontato cosa sarebbe potuto succedere in caso di sconfitta e, anche oggi, può diventare strumento di lettura importante.
Ci si chiede come agirà nei prossimi giorni Trump. Qualcuno, irrealisticamente, lo immagina pronto a premere il pulsante per attivare la bomba atomica, altri ne ridicolizzano l’immagine.
Come se tutto avesse una data di fine nell’immediato, come se tutto dipendesse da un unico, controverso uomo.
Donald Trump figlio del suo stesso movimento
E già qui la grafologia ci dice che ci sbagliamo. Ci sbagliamo nella catena alimentare. Ogni personaggio carismatico, nella storia, ha creato una corrente a lui riferita; dal cristianesimo al comunismo, dal buddismo al marxismo. Un personaggio, un movimento figlio. Logica vorrebbe che il trumpismo fosse figlio di Trump. E invece la grafologia ci spiega che è proprio il contrario. E’ Trump figlio del suo movimento.
I perchè
Trump infatti si struttura e si rafforza grazie al suo popolo, o almeno alla parte di popolo che ancora lo ha votato e lo sostiene. La grafia di Trump, nella sua pervasione di sensi di contrasto, di bisogno di opporsi, di contraddire ancora prima di essere contestato, è solo proiezione dell’americano che ricerca e costruisce quella cattedrale verticale fatta di una grandiosità che toglie equilibrio. Come ha notato anche la grafologa Kurtz la scrittura di Trump, con il passare del tempo, diviene sempre più stretta e rigida. Ed è questa la sua modalità di trattenere, di prendere vigore, nella sua fetta di elettorato.
La scrittura dice che non finirà
Trump può osare e in parallelo può osare il suo popolo, creando una realtà e una lettura dei fatti opinabile ma sempre coerente a se stessa. Questo significa una sola cosa: il trumpismo non finirà con la fine politica di Trump. Diventa inutile puntare al 20 gennaio pensando che, con l’insediamento di Biden, si possa segnare la parola fine a un percorso compiuto senza mai temporeggiare nel guardarsi attorno. In quanto, come spiegava un secolo fa il padre della grafologia italiana Girolamo Moretti, nella grafia, così acuminata da diventare irta, “c’è un lungo ricercare di forme raffinate di vendetta, di ruminazione mentale, d’insoddisfazione” fino alla incredibilmente riscontrabile «tendenza all’ipertensione e ai disturbi vegetativi».
Donald Trump può rafforzarsi
Sotto questo profilo la continua ridicolizzazione del personaggio, la censura dai social, la patologizzazione, non solo non lo piegheranno, ma tanto meno lo spezzeranno rafforzandolo nella sua percezione di poter uscire vincitore da qualsiasi contrasto con l’ambiente, anche il più ostile.
Questa è la strada che ci indica la grafologia e chissà se sarebbe d’accordo anche il mio inaspettato “collega” americano.
Sono un grafologo. La grafia di Jack Lew mostra, per quanto strana, che è molto riservato, non necessariamente una brutta cosa.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 14 gennaio 2013
I am a handwriting analyst. Jack Lew’s handwriting shows, while strange, that he is very secretive—not necessarily a bad thing.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) January 14, 2013