Elisabetta Baldisserotto, Francesco Baldisserotto. Storia di un patriota, Venezia Lido, Supernova, 2020, pp.78, 10 Euro. Un anno fa Elisabetta Baldisserotto pubblicava per i tipi di Cleup il suo terzo romanzo giallo, Gli occhiali di Hemingway. A conclusione di quella che è stata poi chiamata la “trilogia della laguna”. Una serie di indagini del commissario veneziano Jacopo Zambon. In quel romanzo il mistero da svelare era legato all’omicidio di una scrittrice di romanzi storici, l’ultimo dei quali era ambientato nella Venezia dell’Ottocento durante la dominazione austriaca che rievocava “un episodio doloroso […] avvenuto nella notte tra il 17 e il 18 giugno 1859: l’arresto di un gruppo di patrioti e la loro deportazione nella fortezza di Josefstadt, in Boemia” (cit. Pag. 10). Tra costoro, vi erano i fratelli Francesco Bonotto e suo fratello Bernardo, farmacista a Castello.
Il patriota dimenticato
Ma in questo romanzo finzione e realtà storica si intrecciano. Perché le vicende narrate si basano su fatti veramente accaduti a due antenati dell’autrice, i fratelli Francesco e Bernardo Baldisserotto (farmacista a Castello anche nella realtà, attività che è proseguita fino ad oggi e che attualmente, con il nome di “Farmacia al basilisco” è gestita da una discendente della famiglia, Antonia, in Via Garibaldi). Patrioti in parte dimenticati, che le ricerche di Elisabetta riportano ora alla nostra attenzione.
La ricerca che porta al patriota e a Manin
Come ogni scrittore che si rispetti, per scrivere il romanzo, infatti, l’autrice ha indagato. Un po’ come il suo protagonista Zambon, tra archivi e biblioteche. Raccogliendo molte informazioni e diverso materiale che poi le è servito per pubblicare, con Supernova, un saggio storico. Che ricostruisce la vita e le imprese soprattutto di Francesco, figura chiave del Governo provvisorio di Daniele Manin. Che ebbe parte attiva prima durante la rivoluzione e poi nell’assedio di Venezia.
La pena
A seguito del suo impegno di patriota e per le sue idee politiche fu esiliato due volte e deportato in Boemia (esattamente come accade ai protagonisti del romanzo giallo). Questo però non gli impedì di continuare il suo impegno e il suo attivismo. Partecipò anche all’impresa dei Mille, per poi assumere ruoli di comando nella Marina Sicula e nella Marina italiana.
Nonostante questo, però, alle sue imprese non è stato dato il giusto rilievo. E il saggio storico di Elisabetta Baldisserotto viene a colmare tale inspiegabile lacuna.
Nessuna traccia del patriota
La trattazione infatti esordisce proprio dalla citazione di una monumento che noi tutti possiamo osservare in Calle Larga dell’Ascensione, prima di entrare in Piazza San Marco, in cui “c’è un Famedio, ovvero un piccolo Pantheon a cielo aperto dove sono allineate dieci grandi lapidi con ritratti in bronzo che commemorano diciotto patrioti risorgimentali”, ma del nostro nessuna traccia. E poi “Ci sono tutti i membri della Commissione militare istituita il 16 giugno 1849 e incaricata della difesa della città (Giuseppe Sirtori, Girolamo Ulloa, Guglielmo Pepe), tranne uno: Francesco Baldisserotto”, appunto (cit. p.5).
Il lavoro di riscoperta
Da qui parte la ricostruzione della sua biografia e delle sue gesta (la partecipazione alla cospirazione contro gli Austriaci e alla Rivoluzione del 1848 a fianco di Manin, l’adesione alla Repubblica Veneta e poi alla sua strenua difesa nel 1849), della sua passione politica e del suo coraggio che rimane saldo anche quando viene messo a dura prova dall’esilio prima e dall’arresto e dalla deportazione poi. Una ricostruzione documentatissima basata non solo su una nutrita bibliografia che troviamo alla fine del testo, ma anche da fonti di prima mano quali lettere, e altri documenti manoscritti conservati sia nell’archivio di famiglia che negli archivi cittadini e infine arricchita anche da un apparato iconografico, che ci rivela le doti di saggista oltre che di narratrice di Elisabetta Baldisserotto.
Molto interessante perché di tanti patrioti veneti e veneziani si conosce poco oltre i nomi famosi dei fratelli Bandiera e Daniele Manin e qualche altro.
E’ un bene trovare persone che si dedicano a una accurata ricerca sul Risorgimento (cosa che io non posso fare per motivi di salute).
Comunque approfitto della grande capacità e dedizione di queste persone che ringrazio di cuore.
Buon lavoro e buona Pasqua.