A quattro anni dalla sua ultima prova narrativa (L’avvocato G, Intermezzi, 2016, preceduto da Due colonne taglio basso, Sironi, 2008), Federica Sgaggio ci regala una nuova storia, potente e bellissima, la storia di Rosa, una donna coraggiosa che attraversa tutta la storia d’Italia dagli anni ‘50 ai nostri giorni, un’autodidatta con la licenza elementare che non smette mai di imparare, di impegnarsi contro le ingiustizie, di lottare per i diritti dei meno fortunati, in nome di suo figlio nato sano e reso disabile grave per la disattenzione di un’infermiera nelle prime ore di vita.
La storia di Rosa
Questa storia viene raccontata dalla figlia primogenita, con un amore che sa riconoscere e accettare le contraddizioni di un rapporto strettissimo, viscerale e simbiotico che la imprigiona e la costringe a diventare adulta troppo presto. Un rapporto conflittuale e carnale che viene descritto e analizzato con lucidità e sincerità sorprendenti, ma anche con passione e profonda comprensione.
La bravura di Federica Sgaggio
Federica Sgaggio non fa mistero del fatto che Rosa sia sua madre. E che la voce narrante sia la sua, ma di questo romanzo potremmo dire che si tratta di una biografia romanzesca, non romanzata, se mi si passa il gioco di parole.
“Siamo abituati a pensare che le nostre storie non interessino a nessuno”, ha affermato l’autrice in un’intervista, “ perché sono piccole e normali. Ma i nostri corpi metaforicamente piccoli e normali, la storia con la “s” maiuscola, lasciano sempre un’impronta”. E bene ha fatto Federica Sgaggio a raccontarla, questa storia, perché le vicende di Rosa e di tutte le persone che le ruotano attorno (famiglia, amici e amiche, volontari per l’assistenza domiciliare al fratello Francesco – così si chiama – , madri dei disabili ricoverati in istituto, e molte altre) si intrecciano con la nostra storia. L’emigrazione dal Sud verso il Nord nel secondo dopoguerra. O il boom economico degli anni ‘60, le lotte politiche degli anni ‘70, via via fino a oggi.
Un percorso intimo, quindi, che però diventa uno spaccato della nostra storia più recente, nel quale fatalmente ci ritroviamo, anche se le nostre vite sono state ovviamente diverse. Un affresco dipinto con onestà intellettuale e totalmente privo di retorica, con una lingua sicura, precisa e mai compiaciuta. Una sorta di monumento a una donna forte e indomita che però non cede mai alla tentazione dell’agiografia. Mettendo spesso in primo piano le ombre di questa figura, le sue contraddizioni, i suoi errori.
“Questa è una storia di una maternità che imprigiona la figlia, eppure al tempo stesso le dà la chiave per liberarsi dalle catene”, dice l’autrice.
La scrittura
La scrittura di Federica Sgaggio è bellissima, la narrazione procede con un andamento che utilizza le associazioni di idee, quasi una risacca, racconto nel racconto; i capitoli sono in prima, in seconda e terza persona, la lingua è asciutta ma riccamente evocativa.
la storia di Rosa e la sua personalità
Rosa è un personaggio che si impone, così come deve essersi imposta nella vita, e impariamo a conoscerla attraverso molti episodi, drammatici ma anche divertenti. Come ad esempio quello che la vede entrare in un negozio per chiedere quanto possa costare un orrendo colbacco che ha visto in vetrina, e lo compra solo per zittire la commessa che le ha risposto, sprezzante “Tanto non se lo può permettere”.
Impariamo a comprendere il dolore e l’angoscia di una figlia bambina che, entrando la mattina a scuola, si sente salutare dalla madre dicendole che non è sicura di essere ancora viva quando sarà ora di venirla a riprendere. Impariamo a comprendere la fatica di vivere e lo strazio di una donna che affronta da sola (si separerà presto dal marito) la grave disabilità del figlio. O che trova sostegno e conforto appoggiandosi alla primogenita, affidandole un ruolo troppo pesante da portare, ma che, nonostante tutto, riuscirà a perdonare.
La storia di Rosa e il rapporto genitori – figli
Leggendo questo romanzo, che si sia soltanto figli o anche genitori, ci ritroviamo a riflettere sui nodi complessi e contraddittori di un rapporto tanto profondo quanto fondamentale. Che segna, nel bene e nel male, le nostre vite e ci sentiamo, alla fine, assolti.
Federica Sgaggio, L’eredità dei vivi, Venezia, Marsilio 2020.