Alle pendici del monte Ortone, alle spalle del famoso Santuario della Beata Vergine Maria di Monteortone, nei pressi dell’antico monastero cinquecentesco fondato dagli Eremitani di Sant’Agostino e oggi gestito dai Salesiani di Don Bosco come Casa di ospitalità San Marco, si erge una roccia imponente al cui interno è conservato un rifugio antiaereo. Scavato nella roccia durante la prima guerra mondiale, era destinato ad ospitare i feriti durante i bombardamenti. Quando il suddetto monastero era stato requisito per farne un ospedale militare. Ora è il regno dei presepi.
Questo luogo della memoria è stato riportato alla luce grazie al lavoro dell’UNSI, Unione Nazionale dei Sottoufficiali Italiani, sezione Euganea. E alla dedizione di Don Antonio Dal Santo, che lo preserva e con passione accompagna i visitatori. Il percorso scavato nella roccia è di circa 50 metri e al suo interno è ospitata una mostra permanente di presepi costruiti principalmente da artisti locali. Con alcune donazioni dei visitatori di altre città che ne sono rimasti affascinati e hanno voluto partecipare.
La memoria della guerra
Il primo presepio, per onorare la memoria di questo luogo e celebrare il centenario della Grande Guerra, è ambientato in un campo di battaglia con trincee, ospedale da campo e teleferica. Ed è vicino ad alcuni reperti dell’epoca, come una barella e una gavetta di alluminio del rancio di un soldato che per ingannare il tempo l’ha incisa con disegni e parole dedicate all’amata.
La mostra dei presepi
Gli altri presepi sono disposti ai lati della galleria e sono rappresentazioni davvero insolite che rispondono alla creatività dei vari artisti. Alcuni sono classici e cambia solo l’ambientazione che può essere più cittadina o più campestre, come ad esempio quello ambientato in un casone veneto o quello ambientato nel centro di Abano con le rovine archeologiche di Montirone e le colonne dello Jappelli (lo stesso architetto che progettò il Pedrocchi). Altri sono molto particolari e più insoliti. Come ad esempio quelli costruiti in una valigia, in una bottiglia, in una botte, in un quadro. O perfino in una carcassa di una vecchia televisione. Il più piccolo e il più preziosamente curato è quello minuscolo in un gheriglio di noce, visibile solo attraverso una lente di ingrandimento.
L’ultimo presepe, dove ci si sofferma a lungo per vedere le varie parti meccanizzate in movimento, i cambi di luci e l’acqua che scorre, è realizzato da Lorenzo Artusi di Torreglia. E intorno alla capanna della Sacra Famiglia ospita i monumenti più significativi, con l’arena di Verona, le rovine di Roma (don Antonio si diverte a far notare ai bambini che ci sono perfino i leoni in gabbia!), i canali di Chioggia e le tre cime delle Dolomiti.
Il giardino artistico dei presepi
All’esterno della grotta ci sono sparse nella vegetazione come in un vero e proprio giardinetto delle opere in rame molto stilizzate di argomento sacro e delle costruzioni in scala di abitazioni come dovevano essere nel passato. Quasi per dare una continuità tra il presepe e la casa. Come racconta Don Antonio suonando la campanella in segno di raccoglimento ogni volta che accompagna le visite.
I presepi più strani
Durante il periodo natalizio la mostra continua anche nelle sale del complesso salesiano, dove si possono vedere i presepi ancora più creativi e davvero inusuali. Come quello inserito all’interno di una chitarra elettrica, di un phon per capelli, di una cornetta di un vecchio telefono, di una scatola di fiammiferi, di un piatto di riso e di una tazza di cappuccino. E perfino ‒ forse il più significativo di tutti ‒ in una semplice forma di pane (Betlemme in ebraico significa ‘casa del pane’. Forse per la presenza di numerosi campi di grano nella zona).
Questo per dimostrare che il presepe non è importante dove si costruisce ma che si trova davvero dove è più sentito. E alla fine di una galleria così diversificata è proprio questo il sentimento che si porta a casa insieme allo stupore.
I vapori delle terme
Scendendo di nuovo verso la chiesa, nelle fredde sere invernali, ci si può imbattere in uno spettacolo davvero suggestivo. Un fumo bianco dato dal vapore dell’acqua calda termale sale dalla fontana del giardino e più in là, interdetti al pubblico, si intravedono i resti di quello che era il Grande Stabilimento Termale di Monteortone. E le vasche ormai abbandonate da cui salgono nuvole bianche di vapore. Si ha davvero l’impressione di camminare sul suolo vulcanico ribollente di sorgenti calde che scorrono sotto tutto il comprensorio delle terme.