Sì, è vero: c’è poco da fare gli auguri di Buon Natale. Tutti quelli che sono nati dopo la guerra non hanno mai visto una fine d’anno così drammaticamente triste. I nostri nonni avevano paura delle bombe che prima di cadere non guardavano se sotto c’erano bambini, donne, scuole, ospedali. Noi abbiamo paura del Covid che non guarda, livella infischiandosene di ogni regola.
Buon senso e speranza
Le cose vanno male, l’epidemia non soltanto non se n’è andata, ma è tornata più violenta e forse si prepara per un’altra ondata. Ci aggrappiamo al vaccino, ma c’è da aspettare. C’è solo da sperare che questo dannato 2020 sparisca e si porti via il brutto che ha seminato. A pensarci bene è da un anno che viviamo con la paura, con la diffidenza, col sospetto. Paura di non farcela, diffidenza nei confronti di chi ci sta vicino in coda, sospetto su tutti. E paura di non essere più in grado di rimetterci in piedi, di ripartire dopo la tempesta. Siamo come quegli alberi lasciati dalla tempesta Vaia, tronchi giganteschi sradicati e fatti volare lontano, che a vederli dall’alto sembravano gli stecchini dei vecchi giochi da bambini.
Buon senso anche nell’ammettere gli errori
Certo non è solo un problema italiano. Si muore in tutto il mondo e ci sono Paesi che nemmeno raccontano cosa succede o non tengono più i conti delle vittime. Si stanno chiudendo anche nazioni che sembravano aver sfidato la paura. Ogni giorno c’è un governo che fa i conti con la realtà spesso non voluta vedere. Noi non stiamo meglio di altri, per qualche aspetto anzi stiamo peggio. Non sappiamo bene quali problemi dobbiamo affrontare e, soprattutto, non sappiamo bene come affrontarli.
Siamo stati bravissimi in primavera, abbiamo smarrito la strada in un’estate folle e ci siamo illusi in un autunno tiepidissimo che sembrava non volesse mai lasciare l’estate. E adesso facciamo i conti con la nostra incoscienza e con le nostre paure. Non è tutta colpa nostra, è vero, ci è mancato specie nell’ultima fase chi decidesse in fretta e per il meglio. Piuttosto che rischiare l’impopolarità, qualcuno ha preferito attendere, ma siamo in una situazione in cui perdere tempo è peggiore di una sconfitta. Tutto questo ha accresciuto la paura, aumentato la diffidenza e l’incertezza, spaventato la gente.
Occorre che chi governa si assuma le responsabilità piene, non c’è niente di popolare o impopolare quando si decide per il bene di tutti. Certo a nessuno piace sentirsi dire che le cose vanno male, mentire però non fa altro che nascondere la verità che prima o poi ritorna a galla. E’ come quei fiumi carsici, scorre sotto terra per chilometri poi esplode all’aperto. La verità bisogna dirla, specie se non la si vuole sentire.
Sapersi assumere le responsabilità
Basta con una classe politica litigiosa che prende ogni cosa a pretesto per attaccare. Chi governa deve assumersi le responsabilità. Anche chi è all’opposizione. Criticare è facile, non basta dire che è tutto sbagliato, occorre anche saper indicare cosa bisogna fare. Invece, si litiga su tutto e tra tutti, compresi gli stessi partiti della maggioranza. Il sospetto è che l’intera classe dirigente, a incominciare da chi governa, non sia all’altezza della situazione. L’emergenza ha bisogno di persone capaci e responsabili. A governare quando tutto va bene sono bravi quasi tutti.
Si perde tempo a discutere se si può varcare un confine comunale, se la mascherina è importante, se si devono lasciare i nonni senza la visita dei nipotini a Natale, se è giusto privarsi della messa di mezzanotte… Come dice il Papa, la fede non si misura accendendo una candela a mezzanotte o andando in quella chiesa. E se uno crede, Gesù nasce ovunque e quando è giusto, non in una data che è chiaramente una convenzione consolidata dal tempo. E i nonni si visitano quando si ha voglia e c’è il sentimento, non solo a Natale come fosse un obbligo. L’amore è una cosa, l’ipocrisia un’altra.
Buon senso sì…ma va bene anche il “piuttosto”
Francamente non se ne può più. Soprattutto perché l’economia vacilla, ha il respiro cortissimo, i “ristori” non arrivano o arrivano con grande ritardo. Quando ci si mette la burocrazia è più letale di un’epidemia. Stiamo pagando una crisi che viene da lontano, sono almeno tredici anni che le cose vanno male – dalla crisi venuta dagli USA con la “bolla” – e quando sembrava se ne potesse uscire, è precipitata su tutti la pandemia. Al termine ci saranno molte macerie, il panorama sarà totalmente cambiato, a tratti perfino irriconoscibile. La selezione sarà tremenda per imprenditori e lavoratori.
Ma non può essere tutto risolto con una equazione di entrate e uscite, di morti e di sopravvissuti. È vero ha poco senso essere vivi e morire di fame, ma ne ha pochissimo anche essere morti e ricchissimi. C’è qualcosa che ci è mancato in questi mesi a tutti i livelli ed è il vecchio sano buon senso. Forse con quello non si fa economia, ma senza non si fa niente. Come diceva un vecchio proverbio veneto: “Piuttosto che niente, meglio piuttosto”. Ecco, ridateci “piuttosto”. Sarebbe già un buon motivo per farci gli auguri di Buon Natale.
Bravo Edoardo…e non serve aggiungere altro…!