La brace nascosta
In queste lunghe assenze della normalità, cioè settimane e mesi di intensa precarietà (quando il Natale sembrava tanto lontano, quasi un’utopia consumistica), le nostre case, tutte, anche le ville più vistose nel loro costoso design, sono diventate spazi ritrovati (in forza di un dipiciemme), il che, tradotto, vuol dire distolti dal vissuto fondato sulle abitudini. Le nostre dimore sono tornate a essere contenitori di esperienza giornaliera e – in conseguenza – di un nascente filo di futuro, che ancora non è emerso con la sua forza visionaria, però ne percepiamo il calore confortevole proveniente dalla brace nascosta sotto la cenere del nostro disagio.
La metropoli arancione
Nei giorni precedenti, da Milano, la metropoli sotto assedio, è arrivata la voce di A*, una parente che porta fin qui la sua paura dominante: A* confessa di essere spaventata, ma non parla direttamente del virus, parla del silenzio della città, ne è stata addirittura sconvolta e ha temuto di non reggere al tormento di questa oppressione. La città, la sua grande Milano dov’era arrivata bambina dalle montagne bellunesi, si è stravolta. Aperta la finestra, le viene addosso il vuoto urbano: come morta, dissanguata della sua gente, la città di una vita è lì, muta e minacciosa, stranamente oscura e nemica: è straziante che questo avvenga nella beffarda luce del tardo autunno.
Il peso del tempo
Parliamo tanto del tempo, mentre lo consumiamo dentro lo scatolone che è la casa. Per esempio, ho letto che “il tempo, fuori, sembra rallentato” e “mi sto riappropriando del tempo”. E ancora “nel tempo troppo pieno”. Oggi quello atmosferico è tempo segnato come bello costante, e lo vorremmo piovoso; quello cronologico è… discutibile. Dice il saggio: “Veramente non lo percepiamo, per la semplice ragione che ne siamo avvolti, ci implica per così dire, ci trattiene con il suo peso, vincolati a Lui (!) da quella che è stata definita la sua misteriosa gravità”.
Natale, rinascita o rilancio?
A proposito di tempo. In Avvento abbiamo sentito parlare di “volontà di futuro”, e sembra una dichiarazione politica replicata e diffusa senza commento dai media. Ma forse dovremmo dire “bisogno di futuro”, e questo significa voler essere risucchiati da un vortice benevolo fuori dai confini di questo presente, vischioso e complicato da una “epidemia di insicurezza”: nei nostri cervelli si è stampata l’impronta dell’Attesa. Forse tutti, coralmente, invochiamo un Natale di ri-nascita? Forse, dirà qualcuno, sommessamente: un Natale di rilancio…
Vita communis
Qualcuno, pressato dal Virus, sta finalmente scoprendo – con amara sorpresa – che la vita è complicata dalla sua propria … complessità. Così pensando, però, scopre anche la società di simili e la convivenza fin dalle origini con altre specie viventi. Ricapitolando, noi conviventi degli animali di terra, cielo e mare; noi fratelli terrestri delle piante; noi e tutto il visibile vivente. Ma ecco, da un certo venerdì di marzo 2020, la scoperta delle specie invisibili. Conseguente choc: non tutte le “altre” creature sono pacifiche nei nostri confronti.
Viroleggiando…
Viviamo proprio “il sinistro susseguirsi dei giorni” (trovato in un’intervista a V. S. Naipaul) e lungo il percorso siamo derubati di ossigeno. I ladri sono la sindrome da reclusione, la paura informe e nera dell’ignoto, la stanchezza psicofisica. La forza dell’istinto, con le sue pulsioni preme contro le sbarre, razionali, della Legge, contro le barricate che la Ragione erige sul confine della disperazione e, forse, della follia. Manca, o ce n’è troppo poca, la volontà di resistenza?
Un po’ forestieri in casa nostra, per fortuna c’è la curiosità, che è lo spirito dell’esploratore: nello spazio dato ci sono d’aiuto le mappe mentali (per esempio i ricordi) che allargato i confini fisici delle stanze. Eravamo orientati al consumismo, adesso siamo costretti al risparmio; eravamo indifferenti agli Oggetti (maiuscolo….), oggi sono diventati … personaggi. Stiamo cambiando stile, ovvero diventiamo diversamente virtuosi: ci stiamo convertendo?
Il Male, dice il piccolo grande sapiente Yoda, non è assoluto ma ramificato come la foce dei grandi fiumi, cioè plurale: e ci toccano tutti, questi mali per così dire minori, uno alla volta, casualmente, oppure insieme e allora ci rivoltiamo e diciamo che è “tragedia greca”. L’irruenza del Fato nelle fibre del presente ha un suo sinistro fascino. E non è letteratura.