L’Italia che pedala ha vissuto una stagione difficile per quel che riguarda i grandi Giri. Il miglior risultato nelle classifiche generale è stato il settimo posto di Vincenzo Nibali, classe 1984, al Giro d’Italia, mentre Damiano Caruso (classe 1987) ha chiuso il Tour de France al decimo posto e Mattia Cattaneo, 30 anni, lanciato dall’Unione Ciclisti Trevigiani quando era dilettante, ha terminato la Vuelta al diciassettesimo posto.
Tre grandi marchi vincono i giri
C’è un’Italia però che eccelle, domina, stravince. È l’Italia dei costruttori di biciclette che ha infilato una tripletta storica: in ordine cronologico, Tadej Pogacar ha vinto il Tour in sella a bici Colnago; Tao Geoghegan Hart ha conquistato il Giro d’Italia pedalando su bici Pinarello; e Primoz Roglic si è assicurato la Vuelta con la sua Bianchi.
Un risultato straordinario che conferma l’eccellenza della nostra arte ciclistica: tre costruttori dalla storia molto diversa tra loro, dal presente certamente differente, tre realtà unite dalla capacità di conquistare i grandi giri grazie all’arte, alle intuizioni e alla tecnologia. Tre realtà italiane che, anche se con strategie diverse, continuano ad essere radicate nel nostro territorio.
Cicli Pinarello, stella del NordEst
La Cicli Pinarello di Treviso, nata dalla maglia nera del Giro d’Italia del 1951 Giovanni Pinarello, è arrivata a quota 29 grandi Giri: 15 Tour de France (Delgado, quattro Indurain, Rjis, Ullrich, Pereiro, Wiggins e quattro Froome, Geraint Thomas e Bernal), 7 Giri d’Italia (Bertoglio, Battaglin, Chioccioli, due Indurain, Froome e Ghoeghegan Hart) e 7 Vuelta d Spagna (Delgado, Ullrich, Olano, Valverde, Froome)
“Finire davanti a tutti è si motivo di orgoglio, ma per avere successo è fondamentale non sedersi e cercare di migliorarsi sempre”. Con questa filosofia Fausto Pinarello, figlio del fondatore Nani, da 40 anni porta avanti un’azienda di successo che sa sempre stare al passo coi tempi e che all’ultimo Giro d’Italia ha visto trionfare a sorpresa Tao Geogheghan Hart.
Pinarello, qual è il vostro segreto?
«Forse che siamo appassionati del nostro lavoro. Oppure che amiamo la qualità. Io costruisco biciclette da 40 anni e porto avanti l’eredità di mio papà: evidentemente abbiamo il ciclista nel corpo. La nostra è un’azienda a cui piace stare sempre sul pezzo, seguire le tecnologie: il mondo va veloce ma non serve cambiare tanto per cambiare. Un esempio: tutti i vincitori dei tre grandi Giri utilizzavano bici con freni tradizionali. Quelli a disco arriveranno, non so se sarà una questione di mesi o di più, bisognerà vedere quanto tempo occorre per averne di più leggeri. Questo per dire che per fare le cose per bene serve pure pazienza».
Ha in mente qualcosa di speciale per Ganna in prospettiva Olimpiade?
«No, nel senso che la bici resterà quella che avevamo in programma di usare se a Tokyo fossimo andati quest’anno. Se ci sarà da fare qualche accorgimento lo faremo, ma credo che saranno solo piccoli dettagli».
Il trionfo di Geoghegan Hart al Giro d’Italia ha colto tutti di sorpresa
«Anche me, però lo conosco bene e posso dire che è forte e serio, come la sua Ineos. Loro non si sono mai lamentati delle tappe lunghe o del presunto freddo. Hanno perso il loro leader quasi subito, si sono rimboccati le maniche. In questo Giro abbiamo portato a casa 7 tappe e due maglie, tutte di Tao, quella rosa e bianca dei giovani».
Il mercato della bici è in continua evoluzione
«Rispetto al passato è cambiato tutto. L’età media di chi compra si è abbassata parecchio. Per acquistare bici da corsa nei negozi vengono ragazzi sotto i 30 anni, mentre prima viaggiavamo sui 45-50. E così serve cambiare anche il design, che è molto importante visto che siamo italiani. E poi c’è l’elettrico: ci stiamo lavorando”.