Continua la nostra rubrica Pet & Pet Food curata dalle nostre due esperte. Questa settimana è la volta di Rossella Borghi. Nata a Vittorio Veneto, Medico Veterinario Ippiatra. Una laurea presso l’Università degli studi di Padova, dove ha anche concluso un Corso di alta formazione in “Conservation Education” nel corso del quale ha soggiornato per un periodo in Namibia. Attualmente, accanto alla sua attività di libero professionista, frequenta la Scuola di specializzazione in medicina e chirurgia del cavallo presso l’Università di Teramo. Sarà lei a condurci nel mondo della pet therapy per poi approfondire il tema nelle settimane successive.
Uomo e animale
Il rapporto tra uomo ed animale risale all’alba dei tempi. Prima ci fu la caccia per mera sopravvivenza, poi la domesticazione, grazie alla quale l’essere umano riuscì a rendere tale relazione più consolidata e profonda.
Nel corso della storia, agli animali vennero attribuite capacità divine e sacralità e furono coinvolti in rituali religiosi ed occasioni ludiche, ma una vera presa di coscienza riguardo all’importanza a livello psicologico ed affettivo dell’interazione uomo-animale avvenne alla fine del ‘700, quando lo psicologo inglese William Tuke capì che incitando i malati mentali ad interagire con piccoli animali, prendendosene cura, il loro autocontrollo migliorava nettamente.
Animale e pet therapy
Sebbene già nel 1919, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, negli Stati Uniti d’America al St. Elisabeth’s Hospital fossero stati usati i cani per curare i malati di schizofrenia e depressione, il termine pet therapy, che letteralmente significa “terapia dell’animale d’affezione”, è stato coniato nel 1953 dallo psichiatra infantile Boris M. Levinson, il quale si rese conto casualmente del fatto che la presenza del proprio cane Jingles in studio arrecava dei benefici psicologici e comportamentali ad un suo piccolo paziente autistico: diede quindi inizio alle prime ricerche sugli effetti degli animali da compagnia sui pazienti psichiatrici. Il cane venne definito da Levinson un “co-terapeuta” in grado di fungere da elemento facilitatore della comunicazione e rassicurante per il malato.
Cos’è la pet therapy
Di fatto, la pet therapy è un campo disciplinare co-terapeutico in cui l’individuo, grazie al rapporto con l’animale, acquisisce maggiore interesse e partecipazione nei confronti di un progetto curativo o riabilitativo cui è sottoposto.
Attualmente, la pet therapy si suddivide in tre macrocategorie: le attività assistite dagli animali (AAA), le attività educative assistite dagli animali (AAE) e le terapie assistite dagli animali (TAA). Quelle assistite dagli animali costituiscono degli interventi di tipo ludico-ricreativo rivolti a migliorare la qualità di vita di coloro che vivono un disagio in ambienti quali ospedali o scuole e coinvolgono gruppi di individui. Le attività educative assistite dagli animali sono destinate esclusivamente all’ambiente scolastico e consentono di migliorare l’attenzione e l’apprendimento, il rendimento, di stimolare la curiosità, incrementare i rapporti sociali e ridurre fenomeni di bullismo. Infine, le terapie assistite dagli animali sono interventi a carattere individuale ad opera di professionisti del settore e prevedono una programmazione specifica basata sulle necessità terapeutiche del singolo.
L’obiettivo
Si pongono, in particolare, l’obiettivo di favorire lo sviluppo ed il miglioramento di funzioni fisiche e sociali emotive e/o cognitive. Gli obiettivi terapeutici possono riguardare diverse aree. Quella fisica (migliorando le abilità motorie, le capacità di propriocezione o il rilassamento corporeo), psicologica (incentivando l’autostima, riducendo ansia, depressione e senso di solitudine), sociale (sviluppando le capacità relazionali, le abilità comunicative e le interazioni con le figure professionali) o motivazionale (incrementando i livelli di attenzione e partecipazione, l’interesse, la curiosità).
I precursori
Secondo i coniugi Corson, studiosi del settore nel ‘900, “gli animali possiedono l’abilità di offrire affetto e rassicurazione tattile senza criticismo, mantenendo una sorta di perpetua ed infantile innocente dipendenza che stimola la naturale tendenza umana a dare supporto e protezione”. L’animale non giudica, non rifiuta, si dona totalmente; ciò consente lo sviluppo di una speciale empatia tra il paziente umano e l’animale, che sfocia in relazioni di fiducia, accettazione ed approvazione dell’altro, contatto fisico, divertimento, stimolazione mentale e maggiore socializzazione.
Nulla è improvvisato. Si tratta di attività serie che prevedono un approccio transdisciplinare frutto di un lavoro d’equipe che necessita della collaborazione di diverse figure professionali: il medico, il veterinario, lo psicologo, l’educatore, l’etologo e l’operatore o conduttore. Certamente, non tutte le specie sono adatte a tali ruoli. Per questo l’intervento del medico veterinario e dell’etologo è essenziale per la scelta dei soggetti indicati, che devono essere caratterizzati da una spiccata docilità, garantire sicurezza durante l’interazione uomo-animale e non essere propensi essi stessi allo sviluppo di eccessivo stress.
Rapporto uomo – animale nella pet therapy
Di fondamentale importanza, infatti, è il rispetto del benessere animale. Nessuna di queste attività deve inficiare in alcun modo l’equilibrio psichico e fisico del soggetto coinvolto. Secondo le Linee Guida Nazionali, possono essere protagonisti degli interventi solo animali da compagnia: cani, gatti, conigli, asini e cavalli. Ogni animale deve essere sottoposto ad un processo di certificazione e possedere dei requisiti sanitari, comportamentali ed attitudinali valutati da un medico veterinario esperto in pet therapy. Fondamentale è la qualità del rapporto tra pet e conduttore (colui che lo ha addestrato ed è presente in tutte le sedute), in quanto solo un legame estremamente consolidato tra i due consente la buona riuscita, in piena sicurezza, di un trattamento.
A chi si rivolge
Solitamente, vengono avviati interventi con bambini, anziani, persone con disabilità o disturbi psichiatrici, ma il sostegno emotivo che può garantire un animale ed i sorrisi che è in grado di stimolare sono stati estremamente utili anche in malati terminali. Il solo fatto di prendersi cura in quel momento di qualcuno diverso da sé consente al paziente sofferente ed ai parenti stretti di distogliere la costante attenzione dalla gravissima problematica e li rasserena.
Come afferma Michael J. Fox, protagonista di Ritorno al futuro, affetto dal morbo di Parkinson giovanile, “Gli animali sono moltiplicatori di forze”. Se la malattia cronica, in un momento esistenziale estremamente buio, ti induce a chiuderti in te stesso ed isolarti, l’animale è colui che ti fa aprire nuovamente verso il mondo.
Articolo pieno di significati e stimoli
Brava Dott.essa Borghi! Gli animali sono un dono del cielo per chi soffre, per chi è in tristezza o è solo! W i cagnetti!!!