Il suo soprannome “la roccia del Piave” la dice lunga sulla sua forza e soprattutto sulla sua grande caparbietà. Il settantottenne Bepi Ros, nato a Mareno di Piave ma vissuto quasi sempre a Susegana una piccola frazione molto vicina a Conegliano dove il vino buono si sposa con la tradizione e dove per anni la moglie Maria ha gestito un bar-osteria. La carriera di questo pugile annoverato tra i migliori pesi massimi italiani di tutti i tempi, anche se non era supportato da un fisico statuario essendo alto 1,79 (più una statura adatta ad un peso medio) per circa 95 chilogrammi di peso, aveva nel coraggio e nella forza delle gambe le sue doti maggiori, ma anche un pugno abbastanza pesante soprattutto portato con il gancio. Tra l’altro anche Mike Tyson è alto 1,79 e lo stesso grande Rocky Marciano, non vuole essere un paragone, ma per sottolineare che non proprio tutti i pesi massimi devono essere alti oltre il metro e novanta.
Gli inizi della roccia
Bepi Ros si avviò al pugilato frequentando all’inizio degli anni Sessanta la palestra di Ponte nella Priula dove allenava il maestro Battistella. Ben presto vinse il titolo regionale Veneto contro il mestrino Bianco. Nel 1963 vinse il titolo mondiale militare (vinto anche dal grande Francesco De Piccoli nel 1959) e l’anno successivo diventò campione italiano dilettanti, titolo che gli spalancò la porta per le Olimpiadi di Tokio. In quell’edizione dei giochi conquistò la medaglia di bronzo perdendo in semifinale contro il tedesco Huber al termine di un match molto combattuto. Il tedesco venne poi sconfitto in finale dall’allora astro nascente Joe Frazier.
L’inizio della carriera
Per Bepi Ros dopo quell’olimpiade iniziò la sua brillante carriera professionistica entrando a far parte della colonia Pavan di Jesolo, ma per tre anni circa fu bloccato a seguito di un incidente alla colonna vertebrale. Nel 1969 riprese alla grande passando sotto la cura del maestro Strozzi ed il manager Sconcerti. Disputò un paio d’incontri per riprendere contatto col ring (entrambi vinti per k.o.) e poi ecco la prima grande opportunità per tentare la via del titolo italiano professionisti dei pesi massimi.
Il professionismo della roccia
Il 15 maggio del 1970 infatti sfidò l’allora campione italiano Dante Canè detto “il gigante buono”, un bolognese che da allora diede vita a cinque memorabili incontri con Bepi Ros. La prima sfida vide prevalere Bepi Ros che andò a conquistare il titolo italiano proprio davanti al pubblico di casa di Dante Canè. Vinse addirittura per k.o. all’undicesima ripresa. Nelle altre quattro sfide vinse altre due volte Ros e due Canè. L’ultima fu nel 1974 quando s’impose Canè ai punti. Tra questi due amici/nemici l’unico che riuscì a entrare in lizza per il ruolo di campione italiano dei massimi fu Mario Baruzzi contro il quale Bepi Ros prima perse il titolo a Torino e poi andò a riconquistarlo a Bologna nel 1971 mettendo k.o. Baruzzi alla dodicesima ripresa e ancora a Roma vinse per ferita nel 1972 al terzpo incontro con il massimo bresciano. Tenne il titolo fino al 1973 quando sconfisse a Sirmione per k.o. alla settima ripresa il malcapitato Zanin.
A livello mondiale
Dopo aver dominato la scena dei massimi in Italia alternandosi per l’appunto con Canè (a dir la verità in quel periodo non c’erano altri rivali all’altezza), arrivò per Bepi Ros la designazione ufficiale come sfidante dell’inglese Joe Bugner detentore del titolo europeo dei massimi. Il britannico era un pugile molto forte e dotato di tecnica eccellente non a caso sfidò anche Cassius Clay/Mohammad Alì per il titolo mondiale perdendo ai punti (Bugner in seguito indossò anche i panni dell’attore cinematografico). L’incontro si svolse nella famosa arena “Albert Hall”, tempio del pugilato inglese.
Fu un incontro incredibile dove tutti davano per spacciato il trevigiano. Compreso l’allora telecronista Rai che era il famoso Giampaolo Rosi il quale commentò l’incontro quasi come se Ros non avesse scampo. Perse, è vero, ma alla fine di quindici riprese terrificanti senza esclusione di colpi al punto che Bugner nel corso della tredicesima ripresa apparve quasi “cotto”. Ros non seppe approfittare dell’occasione e perse l’incontro ai punti per i colpi maggiormente subiti nelle prime riprese. L’arbitro diede un punto a favore dell’inglese. Ros accettò il verdetto ammettendo con stile di avere perso però purtroppo non venne disputata la rivincita in Italia che sicuramente avrebbe meritato.
Una roccia infrangibile
A conferma della sua caparbietà dopo quel famoso match la “roccia del Piave” si recò in Spagna per combattere contro il famoso Josè Urtain. A sua volta campione europeo battuto poi dal grande Henry Cooper. Ros andò a vincere in terra spagnola contro tutti i pronostici. Combatté anche in Sudafrica e tentò ancora di riconquistare il titolo italiano prima con Lorenzo Zanon col quale perse ai punti a Milano nel 1975. Un anno dopo ancora contro Dante Canè perdendo sempre ai punti il 30 settembre del 1976 a Reggio-Emilia. Chiuse la carriera agonistica nel dicembre di quello stesso anno all’età di trentaquattro anni perdendo con il giovane Alfio Righetti che diventerà successivamente campione italiano. Nel suo tabellino figurano sessanta incontri disputati con 42 vittorie delle quali 24 per k.o. e 16 sconfitte ma solo una volta perse prima del limite. Un pugile che ancora oggi gli appassionati della “noble art” ricordano con affetto.