Mi ricordo benissimo dov’ero l’8 dicembre del 1980. Lo ricordo così bene perché è stato uno dei giorni più brutti della mia vita. Erano le 7 e 30 di un lunedì di 40 anni fa (in Italia era già il 9 dicembre), non ero ancora maggiorenne e mi stavo preparando per andare a scuola. Come tutte le mattine ascoltavo le notizie del radiogiornale che quel giorno esordì con una notizia che non avrei mai voluto sentire: “John Lennon è stato assassinato a colpi di pistola davanti al suo appartamento di New York, si sconoscono le cause del gesto.” Di colpo diventai maggiorenne, saltando a piè pari i mesi che mi separavano dalla maggiore età.
John e il mio amore per i Beatles
Ero diventato da poco un fan dei Beatles. Il mio era un amore agli albori e come tutti gli amori giovanili era fortissimo. Questo amore non si sarebbe affievolito come la maggior parte delle passioni adolescenziali ma sarebbe evoluto in qualcosa di diverso, quasi una religione, una fede che crescendo non avrei mai abbandonato. Con gli anni ho capito che su due cose non avrei mai cambiato idea: il tifo per la mia squadra del cuore e la passione per i Beatles. A dire il vero, il primo argomento ha vissuto delle stagioni di disamoramento, il secondo mai.
Fab four
Mi ero innamorato dei quattro di Liverpool ascoltando alla radio “Penny Lane”, in un pomeriggio che da noioso si trasformò in celestiale perché non avevo mai sentito niente di più bello e diretto. La canzone attuava una specie di teletrasporto e in pochi secondi mi sembrava di essere a Liverpool sotto i “cieli suburbani” della città inglese.
John e Paul
Chiaramente, nell’amare i Beatles, John Lennon incarnava uno dei miei ideali giovanili più solidi. Non parteggiavo, come altri, per uno tra John Lennon e Paul McCartney. Erano due geni, punto e basta, che si completavano e si miglioravano a vicenda. Nessuno dei due era più bravo dell’altro, però insieme erano meglio di chiunque altro.
Un simbolo
John rappresentava il simbolo di mille battaglie civili, uno dei leader mondiali del pensiero pacifista e, soprattutto, era e sarebbe rimasto, anche da morto, un leader credibile, a differenza della quasi totalità dei leader politici.
La sua morte
La notizia della sua morte mi paralizzò e nel percorso da casa a scuola non pensai a lui, non pensai proprio a nulla perché la testa mi si era completamente svuotata, ero solo triste. Fu solo nei giorni seguenti, quando realizzai in quanti milioni fossimo noi fan dei Beatles, che mi sentii meno solo e ricominciai a pensare. Il dolore lasciò il posto alla consapevolezza di quanto fossi fortunato ad essere nato in un periodo in cui avevo potuto godere della musica dei Beatles.
Addio a un sogno
E’ vero, la morte di John mi privava del sogno di veder riuniti i Beatles. Non so, se Lennon fosse rimasto in vita, se il gruppo avrebbe resistito alla tentazione di ritrovarsi anche solo per un’iniziativa benefica. Ma i Beatles non avevano bisogno di riunirsi, non potevano intaccare un percorso perfetto, la loro decisione di finirla lì, pur se giovanissimi e all’apice del mondo, dopo quasi un decennio in cui avevano lasciato in eredità all’umanità 13 album ufficiali in studio dov’era contenuto tutto e non si poteva aggiungere altro.
La morte di John sanciva la fine ufficiale di quel sogno e di un’epoca, di una generazione che voleva di cambiare il mondo e, in parte, ce l’ha fatta.
L’eredità di John
Ma cos’è rimasto di John Lennon a 40 anni dalla sua morte? Ora come non mai, il pensiero di John è attualissimo. Era un nemico dei potenti 40 e 50 anni fa, è un nemico dei potenti anche oggi, perché ogni volta che il mondo intona Imagine, diventata ormai un inno laico di non violenza, è come se la cantasse ancora lui.
Ogni volta che un nuovo fan (ce ne sono di nuovi a migliaia ogni giorno in ogni parte del pianeta) decide d’imparare a memoria le parole di Imagine o di All You Need Is Love, John rinasce e i suoi ideali, insieme alla sua musica, sono sempre tra noi.
Ogni volta che l’umanità viene ferita a morte da qualche strage efferata, tutto il mondo canta Imagine. E’ accaduto per commemorare i morti delle Torri Gemelle o, anni dopo, quelli del Bataclan. Quando qualcuno invoca la pace nel mondo, al pari di Gandhi, appare l’immagine di John Lennon.
Una morte assurda
Quel pazzo criminale di Mark David Chapman, l’8 dicembre del 1980, ha solo ammazzato l’uomo, ma non certo John Lennon. Per questo in questi 40 anni la tristezza, mista a rabbia per una morte così assurda, ha lasciato il posto alla certezza che John e il suo messaggio rimarranno immortali.