Proprio in un periodo come questo, scandito da chiusure, coprifuoco e divieti di affollare negozi e centri cittadini, c’è una maggiore voglia di stare all’aria aperta e si riscoprono i luoghi vicini dove passeggiare immersi nel verde. E allora, spolverati gli scarponcini da trekking o ritrovata una bici dimenticata in garage, tornano di moda le scampagnate e da Padova si parte all’esplorazione di luoghi ancora poco conosciuti del Parco Regionale dei Colli Euganei. Un pellegrinaggio in questi luoghi talvolta remoti risponde anche a un ritrovato sentimento religioso che accompagna questo periodo di incertezze. Tra la natura colta e incolta, tra i campi e i boschi, spiccano le testimonianze di un passato scandito dai ritmi del lavoro contadino. Dalle ore di luce e dalle campane delle piccole chiese che punteggiano il paesaggio. Siamo andati alla riscoperta di questi luoghi che si trovano fuori dalle rotte più battute e vi proponiamo degli itinerari per ammirare le bellezze ‘vicine’ del nostro territorio.
Il percorso per i Colli con la chiesa di San Giorgio
Imboccando i ripidi tornanti dietro al capitello che si incontra a una svolta della strada per Torreglia. Dietro all’ultima curva accompagnata da un filare di palme e agavi monumentali ‒ protette dal celebre microclima euganeo ‒ appare la chiesetta di San Giorgio. Che con la sua presenza unisce il paese di Tramonte, privo di una vera e propria piazza, costituito da case e ville sparse tra i boschi. Gli oliveti e le vigne nella conca protetta dai colli Boscalbò, Lonzina e Sengiari.
Nata come piccola cappella alle dipendenze della pieve di Luvigliano e ampliata intorno all’anno Mille e cento quando fu data in concessione al monastero di Praglia, cadde in abbandono quando nel periodo napoleonico la sede parrocchiale fu trasportata appunto nel grande complesso abbaziale di S. Maria di Praglia. I recenti restauri hanno portato alla luce resti di una stratificazione di affreschi che datano dal Medioevo al Quattrocento. Durante i lavori di scavo, in una delle pareti laterali della navata, è stato riportato alla luce un arco. Coperto ormai da secoli da blocchi di pietre e muratura, affrescato con dodici tondi contenenti i ritratti degli Apostoli, della scuola di Iacopo da Montagnana. Uno dei più insigni interpreti del pre-Rinascimento pittorico veneto quattrocentesco ‒ influenzato dal pittore veneziano Giovanni Bellini e allievo a Padova del maestro Andrea Mantegna ‒, la cui mano si può vedere anche negli affreschi del santuario di Monteortone. Vicino ad Abano Terme e a Padova nella cappella Barozzi del museo diocesano e nella Deposizione della chiesa di Santa Maria dei Servi.
La fede sui Colli
Nel presbiterio campeggia un bel crocifisso ligneo attribuito alla scuola padovana dello Squarcione. Maestro del Mantegna e grande collezionista di opere d’arte antiche, che faceva copiare agli allievi nella sua casa-bottega in contrada Pontecorvo. Due statue in terracotta policroma della seconda metà del Quattrocento raffiguranti i due santi protettori dalla peste, San Rocco, il ‘santo rurale’ protettore degli animali dalle pestilenze, e San Sebastiano. Sopravvissuto al flagello delle frecce, si affacciano dall’alto della navata da due nicchie laterali affrontate. Nella parete esterna sono visibili delle pietre incise databili intorno all’anno Mille. Mentre il campanile a torre merlata, a cui si appoggia una immensa pianta di corbezzolo che in autunno è pieno di bacche rosse.
Il campanile
Risale alla fine dell’Ottocento. Quando la struttura della chiesa fu modificata e il tetto fu rialzato di tre metri e mezzo. Il livello antico è tuttora visibile nelle pietre non intonacate sulla capriata del tetto. Alla chiesa si accede da una larga scala abbellita in autunno dai bulbi gialli di stembergia che fanno capolino sotto un filare di piccoli cipressi. Un ampio porticato e uno spiazzo erboso permettono di guardare come da un balcone il panorama dei Colli. La cui inequivocabile forma a cono ne svela l’origine vulcanica.
Interessantissimo è inusuale.