Stiamo attraversando un momento storico non felice per il mondo e, in particolare, per il vecchio continente europeo, in cui l’intera umanità si trova a dover affrontare un nemico invisibile come il coronavirus. Di certo, è importante che ci sia sintonia e collaborazione di tutti se si vuole sconfiggere il terribile male di questo terzo millennio. Accade, invece di assistere alle liti e discussioni accese tra dei soggetti che, anziché favorire un modus per difenderci dal nemico dell’intera famiglia umana, creano divisioni e malumori con i loro capricci.
I capricci nella UE
Quanto detto poc’anzi, sta avvenendo nell’Unione europea, organismi internazionale a carattere regionale, dove si sta decidendo per l’approvazione del Recovery Fund, cioè del pacchetto di aiuti a favore degli Stati membri che sono in serie difficoltà a livello sanitario ed economico, che si aggira attorno a 750 miliardi di euro.
Questione soldi
Quando si discute di soldi, ci sono sempre due o tre soggetti che torcono il naso, manifestando la propria contrarietà, contornato da qualche forma di ricatto. Mi riferisco alla Polonia e all’Ungheria che hanno posto il veto a causa del meccanismo di rispetto delle norme democratiche e dei fondamenti su cui si poggia l’Unione. Condizione necessaria che serve a connettere la concessione di fondi dell’UE e norme democratiche sul rispetto della dignità umana, della libertà, dello Stato di diritto e via discorrendo. Sia la Polonia che l’Ungheria sono reputate nazioni che spesso hanno atteggiamenti di mancanza del rispetto delle norme dell’Unione violando i valori citati poc’anzi.
Capricci e ricatti
In un certo senso, i due Paesi stanno usando lo strumento del ricatto. Per evitare che vengano sanzionati per il loro modo di porsi dinanzi alla mancanza di volontà di rispettare i pilastri valoriali contenuti nel Trattato dell’Unione Europea. Il veto dei due Paesi ha, almeno per adesso, bloccato l’iter per l’approvazione finale di attuare il Recovery fund. Con il rischio di vedere l’arrivo di aiuti finanziari per far respirare la nostra economia e la nostra sanità. Messa a dura prova, forse nella primavera del 2021.
Questo ritardo non può essere accettabile per i capricci di due Paesi che sono parte della famiglia UE. In un momento dove i 27 Stati membri dell’Unione stanno lottando contro il nemico invisibile che non concede un attimo di tregua. E che non sta solo colpendo la salute dei cittadini dell’Unione, ma anche le economie. Faccio fatica a comprendere i due governi. Che, pur essendo travolti dal corona virus a livello sanitario ed economico, pongono ostacoli a un importante piano di aiuti dell’Unione che serve nell’immediato.
Capricci di Budapest e Varsavia
Sembra chiaro che l’atteggiamento negativo di Budapest e Varsavia è prettamente politico. Dopo che per anni hanno ottenuto fondi da Bruxelles per favorire il loro prodotto interno lordo. Certamente, in questi ultimi anni i due Paesi travolti dal populismo e sovranismo e dall’odio nei riguardi dell’UE. Che l’hanno accusata di essere troppo generosa nell’elargire danaro ad altri Paesi dell’unione, in particolare all’Italia. Il modus operandi di Bruxelles, a parere dei polacchi e degli ungheresi, visto come un vero e proprio bancomat contornato dalla troppa generosità.
Il caso Ungheria
L’Ungheria, guidato dal governo di Orbán, spesso si è scontrata con gli organi di Bruxelles. Facendo prevalere il nazionalismo, approvando leggi liberticide. L’approvazione a favore del Presidente ungherese da parte del parlamento per il trasferimento dei pieni poteri dove controlla da tutte le angolature il Paese.
La posizione dei governi polacco e ungherese ha messo in difficoltà la Germania, presidente di turno del Consiglio europeo. Tanto da trovarsi su due fronti con quelli del no e gli Stati come la Francia, l’Italia. Ed altri che sono propensi ad accelerare l’approvazione del Recovery Fund.
Strada in salita per i capricci di qualcuno
La prospettiva di vedere concretizzarsi il percorso di attuazione del pacchetto di aiuti agli Stati membri UE sta percorrendo una strada in salita. Come ad esempio quello del successivo passaggio che i parlamenti di ogni singolo Stato membro deve fare cioè approvare. Con lo strumento della ratifica, l’attuazione del piano di aiuto.
Capricci sui Recovery Fund
Circa il c.d. diritto di veto o potere di veto, va subito detto che è uno strumento che serve per opporsi all’adozione di un atto. È considerato un mezzo troppo potente per essere lasciata nelle mani di qualche leader poco responsabile. Credo che sia importante trovare un modo per non finire, ogni volta che l’Unione e i governi membri debbano adottare dei provvedimenti che concernono gli aiuti finanziari, nelle sabbie mobili. Che dividono e non favoriscono il bene comune dell’Unione a favore degli Stati stessi che ne sono parte. Va, a mio parere, intrapresa la strada di una struttura a doppio binario, dove, qualora un gruppo di Stati decida di proseguire verso l’integrazione europea, percorrerà su un binario privo di impasse, mentre l’altro gruppo resterà sul binario morto. Solo in tal modo, nella situazione in cui l’intera famiglia dell’Unione si trovi, potrebbe uscire da questo triste momento. E far subito ripartire il progetto del Recovery Fund senza dover attendere la primavera.