Impossibile pensare che le comete di Aldo Andreolo portino sciagura. Lui è l’artista di calmi e ieratici personaggi femminili, compostamente seduti in riva al mare, con larghi cappelli a proteggere i volti. D’intorno, il tempo prende un ritmo diverso, più morbido e fascinoso. Così è per le edicole veneziane, riprese più e più volte, o per le automobili. Così è per la città magica che le comete di Andreolo illuminano sul far della sera: tematica rara, che tra le sue dita di giovane novantenne assume – oggi più che mai – la consistenza di un presagio, l’impulso alla rinascita.
Il volume delle Comete
L’idea è felice: il volume “Comete”, appena uscito per i tipi di Dario De Bastiani editore, con l’introduzione di Edoardo Pittalis, raccoglie oli su tavola e gouaches, tempere su carta, acquerelli, pastelli e gessi colorati dedicati a questo tema; un’opera all’anno, dal 2008 in poi, con cui l’artista ha fatto gli auguri ai lettori de “Il Gazzettino”. Il tutto accompagnato con eleganza da testi poetici, in versi a rima alternata, composti per l’occasione.
Un diario da leggere a bordo delle comete
Il risultato è un inconsueto diario dei luoghi e dei tempi, in una Venezia toccata dalla contemporaneità, ma non scalfita nella bellezza. Un diario amoroso, che racconta – qualche volta con un pizzico di amaro sarcasmo, oppure con tenerezza, con nostalgia – una città amata e condivisa. L’Eva di Aldo Andreolo («sono tante donne, ma si chiamano tutte Eva», commenta scherzando il pittore), in quella luce sovraesposta del meriggio, può esistere solo al Lido, lungo le spiagge poco affollate e senza tempo che si sono riviste nella strana stagione appena trascorsa.
Il viaggio e l’amore per Venezia
Così avviene per le edicole, ritratte con quel segno certo e vagante ad un tempo, in dimensione onirica. Così è per i cieli di Comete, qualunque sia la tecnica che il Maestro utilizza: un’atmosfera densa, nelle più diverse sfumature del blu serale che si staglia sulla battigia o sui profili delle chiese più care, la Salute, il Redentore, San Giorgio, San Simeone Piccolo, San Giacometo.
I versi delle Comete
C’è la Dogana da Mar che, scrive Andreolo «Ora è un museo, però non veneziano, / Perché, come noto, è stata acquistata / da un Francese e non da un Italiano», concludendo poco oltre, con un pizzico di benevolo campanilismo «Ma alle sue mostre la gente non viene (…)». C’è persino una grande nave, ad occupare lo spazio del foglio, e l’autore la immagina in uscita, sia pur invadente, monolitica, enorme nel Bacino di San Marco.
Andreolo e le sue Comete di storia
Su tutti i paesaggi tipici dell’iconografia di Andreolo, così cari all’immaginario lagunare, irrompe improvvisa, brillante, con la sua scia di prodigi, la cometa: «Come è possibile perdere la stella? Si chiede Aldo Andreolo»: nelle parole introduttive di Edoardo Pittalis che commentano immagini e poesie, c’è tutta la valenza quasi catartica del volume. «Questa stella di una bellezza ineffabile, profonda e misteriosa come lo spazio che attraversa. E, per non farci smarrire la strada, – prosegue Pittalis – Andreolo la immobilizza sulle sue tele e nel cielo di Venezia».
Segneranno la strada
Per non farci smarrire la strada: in questo anno, surreale e tragico per la città, le comete di Andreolo hanno il compito d’indicare la rotta e farci guardare avanti. Nell’immobilità del riflesso notturno, solo il volo di un gabbiano nell’aria e, silenziosa e profetica, la cascata delle stelle.