Vorrei introdurre una mia riflessione sulla mascherina chirurgica e su Venezia vuota trascrivendo lo svolgimento scritto da Emilia una mia nipote di 16 anni di un tema il cui titolo è il seguente:
La mascherina chirurgica non è più anonima e uniformante. Ci identifica, racconta il nostro negoziato attorno alle relazioni, alle regole, alla normalità. E non ne abbiamo una sola ma tante, come le nostre identità. Al tempo stesso gli altri cercano di indovinare dalla maschera la persona che siamo. Non ci nasconde più. Ci rivela. Partendo da questa affermazione dell’antropologa Cristina Cenci scrivi una pagina di diario in cui esprimi le tue riflessioni e condividi i tuoi pensieri.
SVOLGIMENTO:
“Sono sotto shock, hanno appena annunciato alla televisione che non si può uscire di casa, almeno che non si abbia la mascherina chirurgica. Io ho paura, quando cammino fuori casa e vedo il canale della Giudecca vuoto senza neanche un’onda, e sento le voci della gente, mi viene la malinconia.
La cosa che mi da angoscia è di perdere me stessa per colpa della mascherina, mi sento vuota, come se avessero strappato tutte le espressioni della mia faccia, non so più come esprimermi, quando cammino guardo la gente negli occhi e vedo che anche gli altri si stanno perdendo, per colpa della mascherina chirurgica. Ammiro le donne coperte dell’Hijab loro si sentono protette dal velo, e noi ci sentiamo persi dietro a questa mascherina. Certa gente prova a fare vedere la loro identità tramite le mascherine con le scritte sopra o quelle tutte colorate.
Mascherina chirurgica e diario
Scusami diario per questo sfogo ma è una cosa nuovissima che non avrei mai immaginato succedesse, ho sempre mostrato la mia identità tramite gli amici, le avventure, le storie, le espressioni.
L’identità cambia quando si ha una cosa che ti copre meta viso, io come molta altra gente (credo), ho identità diverse in base a con chi sono e dove sono. Ad esempio, con mia sorella io sono completamente libera: scherziamo, parliamo, litighiamo. Qualsiasi cosa io sento, senza filtrare la dico, perché ormai lei è parte di me.
Con le amiche. La mascherina chirurgica come filtro
Però quando sono con le mie amiche sono sempre, energetica e scherzosa ma filtro le cose che dico e le emozioni che faccio vedere. Con la mascherina, ho un’altra identità e non è per niente quella che ho di solito, e non mi piace questa roba. Spero di riuscire ad abituarmi ed a essere me stessa anche con una cosa che mi copre meta faccia.
Diario ormai si è fatto tardissimo, volevo raccontarti come mi sentivo perché non riuscivo a dormire, ora mi sento come se avessi tolto un peso dalle mie spalle e vado a dormire, ti faccio sapere come va domani. Buonanotte”.
Mascherina chirurgica e maschera
Ecco, Emilia ha parlato con il suo diario che alla sua età è il rifugio dei pensieri.
Ci sono due fatti molto importanti che sono entrati nella vita di questa ragazza. Emilia li racconta in modo semplice e spontaneo. Sono il vuoto della Città e la mascherina che nasconde non solo il viso, ma quella parte intangibile di noi stessi che il genio dell’antropologa Cenci ha tentato invano di indicare seguendo un filo di pensiero che non riesce a nascondere l’ideologia.
A parte la Cenci, mi sembra che una sua attenta seguace sia anche l’insegnante che ha dato il tema e che ha scambiato la mascherina da Covid con il travestimento mascherato di carnevale che è al contrario una scelta spontanea e individuale e che attraverso la maschera cerca di indicare l’aspirazione di colui che la porta senza paura di essere giudicato da altri. La maschera di Carnevale è proprio questo. “Vi faccio vedere quello che vorrei essere e non posso esserlo a causa della vostra incombente e presuntuosa presenza.”
Carnevale
A fine Carnevale mi tolgo la maschera e ritorno ad essere quello che non vorrei essere. Approfitto per farlo della leggera follia consentita nel brevissimo tempo della trasgressione.
Il titolo del tema détta invece le sensazioni e il comportamento che diventa quasi un gioco per indovinare chi si nasconde dietro la maschera. Un tentativo che riflette lo stato di idiozia nel quale stiamo inconsciamente cadendo.
Cari antropologi, cari politici non cercate di tradurre il significato della mascherina in un atto di amore verso il prossimo come fosse una scelta per proteggerlo.
Mascherina chirurgica e appello
Diciamo la verità. Staremo molto meglio dichiarando apertamente ciò che pensiamo. La mascherina è una imposizione della cui efficacia abbiamo forti dubbi e perciò stesso non la percepiamo come una benedizione, ma spesso come una intollerabile sopraffazione anche se, nella dolciastra traduzione dei nostri improbabili politici viene fatta passare per un atto di amore.
Venezia che parla
La Città vuota? Io ne ho sentito l’anima. Quella lasciata nelle pietre da tutti gli uomini che l’hanno costruita, vissuta amata e ne ho tratto un immenso rispetto. E l’acqua immobile faceva più rumore delle onde. Ci gridava di esserci. Ci diceva di essere l’amica della Città e non, come è stata dipinta in questi ultimi orribili anni di incuria e di insipienza come fosse la nostra nemica.
Non mi ha detto niente di più. E per questo cresce l’amore per questo elemento solenne che solo chi ci vive assieme può capire.