Se nel mondo si parla di “modello Italia” come esempio per fronteggiare il Covid il merito è, in buona parte, della Sanità. Anche di quella veneta, come ha dimostrato l’organizzazione messa in campo da prestissimo, appena il focolaio di Vo’ Veneto ha fatto capire che il pericolo si stava trasformando in epidemia. La sapiente regia di sanitari e scienziati, come il professor Andrea Crisanti dell’Università di Padova, ha messo in condizione una sanità all’avanguardia di fronteggiare una situazione di assoluta emergenza. Medici e infermieri, durante quella fase, sono stati chiamati “eroi” e noi siamo andati a intervistare una delle protagoniste di questa guerra. Eppure c’è ancora chi nega.
L’intervista a chi ha combattuto e smentisce chi nega
Ecco perché abbiamo intervista B.L.. Sono le iniziali di una pneumologa di un ospedale veneto che preferisce rimanere nell’anonimato perché non vuole farsi pubblicità e perché pensa di aver fatto solamente il suo dovere. E che vorrebbe far vedere a chi nega cos’è una terapia intensiva.
Lei si sente in qualche modo un eroe?
“No, nel modo più assoluto. Mi ha amareggiato che solo col Covid l’opinione pubblica si sia ricordata di noi. Siamo gli stessi medici che, prima, venivano picchiati e offesi al pronto soccorso o nelle guardie mediche da pazienti impazienti e spesso maleducati e violenti.”
Lei che ha lavorato in prima linea durante l’emergenza, cosa direbbe a chi nega?
“Il nostro reparto era il più esposto e ho vissuto, insieme ai miei colleghi e al personale infermieristico, una situazione che non mi sarei mai aspettata di dover affrontare.”
Cosa pensa di chi nega la gravità della malattia o, addirittura, l’esistenza della stessa?
“Rimango senza parole. Farei vedere a questi signori cosa erano le terapie intensive nel pieno dell’emergenza. La difficile gestione dei malati che non potevano vedere i loro cari, l’incertezza del futuro. Ora abbiamo le idee più chiare sulla malattia e sul come affrontarla ma a marzo/aprile ci trovavamo nelle condizioni di un naufrago in mezzo all’oceano. Però incomincia a preoccupare il fatto che anche adesso in molti ospedali i reparti della terapia intensiva stiano nuovamente affollandosi”.
E poi?
“E poi abbiamo fatto fronte comune. Le notizie sui farmaci da utilizzare sono iniziate a circolare. I cittadini hanno preso coscienza del grave pericolo, cosa che fanno tuttora, comportandosi in modo adeguato. Mi ha stupito positivamente il popolo italiano. La maggior parte ha rispettato e sta rispettato le regole.”
Il momento più duro
“Tanti, soprattutto, quando bisognava comunicare ai parenti di un paziente in gravi condizioni il peggioramento della malattia del loro caro.”
Che voto darebbe alla sanità veneta nonostante chi nega?
“Altissimo! Ho girato l’Italia, prima di stabilirmi in Veneto, e devo dire che la nostra regione si è fatta trovare pronta davanti a questa emergenza. E siamo pronti a fronteggiare anche la nuova emergenza, sperando di non doverlo fare più. Mi aspetto col freddo un ritorno della malattia. Fino al vaccino il coronavirus farà sempre paura. In Italia abbiamo imparato a comportarci e questo, unito alla nostra sanità, è un’arma importantissima. La prevenzione è la prima difesa.”
Che mi dice delle frequenti polemiche televisive tra i virologi e della loro esposizione mediatica?
“Da medico ho le mie idee, non faccio il tifo per le tesi di Zangrillo o per quelle di Galli. L’eccessiva presenza in televisione è pericolosa sia che si parli di sport o di medicina. Però, durante il lockdown, i virologi hanno avuto un ruolo importante: informando e consigliando gli italiani e rendendo digeribile una materia che non lo è.”