Lavorare da remoto in un borgo in campagna, in un paesino sul mare, in una baita sui monti: si tratta di fantascienza o realtà? Lo scenario della seconda metà del 2020 sembrerebbe lasciare alcuni spiragli per prospettive di questo tipo. Certamente si tratta di situazioni particolari, legate a professioni e a condizioni che permettano, almeno parzialmente, un certo grado di assenza fisica dai luoghi di lavoro tradizionali.
L’inurbamento nella civiltà contemporanea
La storia recente dell’umanità, specialmente nella sua declinazione di civiltà occidentale, ha visto un’inesorabile forza attrattiva degli agglomerati urbani. Questo fenomeno, legato in parte alla rivoluzione industriale e in parte alla possibilità di fruire di innumerevoli servizi e opportunità a patto di avere una concentrazione umana sufficiente per cui tali servizi avessero un ritorno economico. Pensiamo ai teatri: solo una grande città ha massa sufficiente per farne funzionare uno o più di uno. La tecnologia ha sicuramente modificato la vita e le prospettive delle persone, soltanto che fino ad oggi non era sufficientemente matura per rendere ubiqui la maggior parte dei contenuti rilevanti per la popolazione. Inoltre l’abitudine e una certa convinzione che l’inurbamento fosse una funzione diretta della modernità non hanno fatto nemmeno guardare al passato o ad altre situazioni.
Smartworking: chi e dove
L’emergenza COVID e la maturazione delle tecnologie oggi permettono di lavorare e di vivere fuori città. Il primo punto da considerare, in questa prospettiva, è chi può lavorare da remoto. Una quota di lavoratori non hanno e non avranno possibilità di lavorare da casa. Queste persone saranno ancora legate a luoghi fisici, generalmente città. Esiste una parte di lavoratori che potrà alternare il lavoro da remoto a quello in ufficio. In questa condizione sarà fondamentale che il luogo d’elezione per lavorare da casa sia raggiungibile dall’ufficio in tempi e condizioni accettabili. Esistono lavoratori che potranno svolgere le proprie attività anche esclusivamente da remoto: forse la nuova élite del XXI secolo?
Servizi e trasporti: la sfida dei territori
Dunque almeno una certa quantità di persone con reddito e, generalmente, un certo grado di cultura e gusti sufficientemente sofisticati potrebbe avere la possibilità di andare via dalle città verso sistemazioni bucoliche. La domanda, quindi, è: quali condizioni devono essere offerte a questo nuovo “ceto” per attrarlo e fornire le condizioni per una nuova vita. La prima parola chiave sono i servizi: in primissimo luogo la rete (fissa e mobile) e l’essere raggiungibili dai corrieri e dai servizi a domicilio. L’accoppiata Internet e Amazon, per partire, può da sola abbattere molte resistenze a spostarsi. Seguono i servizi pubblici e di sanità, oltre ad un’offerta di ristorazione, commercio e culturale/di socializzazione. La seconda parola chiave è trasporto: distanza dalle città, dalle stazioni, trasporto pubblico, strade. Vivere fuori mano può essere fashion, essere isolati potrebbe ricordare più un film horror. La terza parola chiave è costo: vivere fuori dalla città assume maggiore fascino se ci si può permettere una grande casa, magari con piscina, e mangiare fuori più spesso.
Un nuovo spirito di colonizzazione
Un cambiamento di prospettive così grande, specialmente se repentino come quello che sta accadendo quest’anno, non può prescindere dal cambiamento di idee, convinzioni e necessità. Siamo disposti ad avere una cerchia di persone raggiungibili fisicamente molto più ristretta rispetto a quanta non si veda all’orario dell’aperitivo in qualunque città? Saremmo capaci ad accettare che le nuove conoscenze si facciano prevalentemente online? Siamo disposti a dover ammettere che potremmo trovarci a vivere in un area in cui non c’è nemmeno un ristorante nepalese? Siamo disposti a considerare la possibilità che il bar del paese non abbia sempre le brioches vegane? La verità è che buona parte delle persone che vive in città c’è abituata: la sfida è culturale e si può vincere non cedendo alla comoda idea che la vita fuori dalle aree urbane sia migliore di per sé. L’attrattività va costruita e proposta in maniera comprensibile, altrimenti rimarrà una possibilità inespressa.
Italia, terra promessa?
È difficile pensare a un luogo sulla terra che potrebbe beneficiare dello spostamento verso le aree extraurbane quanto l’Italia. Il nostro patrimonio paesaggistico, storico e culturale è impareggiabile. I borghi hanno storia e bellezza, possibilità di sviluppo e di crescita. Costruire un regime di smartworking che permetta di valorizzare questa ricchezza che, fino a ieri, sembrava un peso e un retaggio di un passato ormai troppo fuori dalla cultura del nostro tempo è un dovere delle istituzioni e delle aziende. Il valore che si può generare – umano, culturale, immobiliare, turistico – è quasi impensabile: si tratta forse di un biglietto vincente della lotteria che ci siamo trovati in mano e che non dobbiamo assolutamente gettare.
La professionalità, la forza delle nostre tradizioni, il radicamento nei territori saranno le carte da giocare. La posta in palio è diventare un paese che tracci la via della nuova vita nella modernità, da piccoli borghi medievali e da paesini di pescatori sulle sponde del Mediterraneo.