Internet è una miniera di meraviglie che costantemente stupisce. Ogni giorno vengono pubblicati milioni di articoli, resi pubblici materiali di più o meno vasta utilità, espresse opinioni. A volte, qualche post diventa “virale”: oggetto di condivisione massiccia, commenti, seguito. Si tratta di un evento che raramente succede per caso: la viralità può essere pilotata, specie per uso politico, ma non attecchisce se non trova terreno fertile. Per questo osservare cosa diventa virale e per quale motivo è un utilissimo esercizio di interpretazione sociologica e psicologica. È il caso di quando la bugia diventa realtà.
Il “modulo” del MIUR
L’ultimo materiale entrato nel club della viralità è un “modulo” del MIUR per la gestione dell’eventualità che un minorenne possa presentare alcuni sintomi compatibili con il COVID-19, specificamente qualche linea di febbre, a scuola. Niente di strano potremmo pensare noi menti semplici: sta per iniziare l’anno scolastico e la modulistica è utile ed importante per una buona parte della popolazione. E invece no, perché il modulo è un falso. Ossia una bugia. Non si tratta di un falso creato ad arte per una qualche truffa sofisticata: chi l’ha costruito ha apposto un logo del MIUR (peraltro vecchio e nemmeno messo correttamente) ma l’uso spregiudicato dello stampatello e una grammatica improbabile sarebbero sufficienti per comprendere che si tratta di una produzione amatoriale. La forma e il contenuto, insomma, sono plausibili quanto il fatto che un parente (mai sentito) in Nigeria ci contatti per depositare sul nostro conto svariati milioni di euro.
Ma cosa contiene il modulo? Si tratta di una dichiarazione di “Non Autorizzazione” a isolare o prelevare i propri figli in caso di sintomi. Esatto: un documento per evitare il prelievo coatto del minore. Tra le motivazioni c’è anche un contenuto psicologico, infatti il divieto di rapire i figli è anche legato alla necessità di “non causare (loro) un trauma”. Per non farci mancare proprio niente, nel testo è presente anche un conciso rimando alle “direttive” da scongiurare e un finale in crescendo in cui si ricorda alla scuola e al ministero che l’unico tutore dei figli è il genitore.
La diffusione virale della bugia
La viralità di questo prodotto dell’ingegno umano si deve ovviamente in primo luogo ai social. Ma la spinta definitiva che ha lanciato in orbita la condivisione del testo viene dai gruppi di whatsapp (si, quelli dei genitori informati). Già osservare il canale di diffusione ci permette di fare alcune considerazioni. I gruppi di whatsapp – meno controllabili e meno soggetti a commenti critici da parte di “terzi” non interni – sono già stati veicolo di contenuti virali, primo tra tutti il corpus di “informazioni” di critica ai vaccini. Abbiamo quindi una rete ben oliata, un campo di provata fertilità. Quindi si osserva una viralità a due canali, che si alimenta mutualmente. Social per la prima diffusione di massa e messaggi in piccoli gruppi per la penetrazione profonda nella società.
Un elemento folkloristico è che i messaggi whatsapp tendono a subire piccole modifiche di passaggio in passaggio. Per cui un “documento ufficiale” per combattere uno Stato che vorrebbe isolare e rapire i propri figli si riempie di faccine arrabbiate e appelli accorati tipo “modificate queste direttive di merda o i figli ce li teniamo a casa” (cit.). Ma questo non mina la credibilità del documento. La sfiducia nell’istituzione e la paura sono più che sufficienti a far accettare e condividere anche contenuti teoricamente incredibili.
La smentita
E quindi tocca smentire la bugia, e l’incombenza ricade direttamente sul MIUR. L’idea che un ministero debba perdere tempo prezioso per smentire una storia di questo tipo potrebbe facilmente infastidire chi spera che si lavori per obiettivi importanti. Ma tant’è pare che questa sia la modernità. Ovviamente, un’istituzione che smentisce rende i sospetti dei firmatari del documento ancora più sospettosa.
Ogni teoria del complotto che si rispetti deve avere una smentita da parte degli organi ufficiali (quelli deputati al controllo delle masse). E quindi la paura monta e rende il concetto sempre più radicato e diffuso. Non smentire, tuttavia, rischia di avere effetti ancora più dannosi. Come si è visto nel campo dell’informazione sanitaria per troppo tempo snobbata dai professionisti del settore. Quindi il danno è fatto già dal primo momento che una bufala diventa virale, e questo lo sanno i produttori di contenuti fake. Il problema sta nel substrato culturale che permette il diffondersi di questi contenuti virus.
La percezione della realtà vs bugia
Dunque quali sono le debolezze culturali che dobbiamo combattere? In primis la sfiducia, radicata e anche spesso giustificata, verso ciò che è identificato col “potere costituito”. La colpa di questa sfiducia si ripartisce equamente tra coloro che hanno abusato di posizioni di potere e privilegio (ovviamente trascinando in basso la reputazione di tutte le persone serie che si sono impegnate negli anni). E in chi colpisce irragionevolmente qualunque istituzione al fine di sovvertirla. Le istituzioni e i poteri, specialmente in Italia, sono tutt’altro che perfetti. Però è necessario riportare la critica entro termini ragionevoli.
Alcuni semplici esempi di bugia. Far passare l’idea che i servizi pubblici abbiano l’abitudine di prelevare minori per finalità economiche, affermare che ciascun’attività in concessione sia un modo per far sparire denaro pubblico, accusare chiunque si impegna nel pubblico di avere come unico fine quello di intascare uno stipendio. Queste affermazioni sono gocce di veleno che poi sfuggono dal controllo di chi le mette in circolo. La viralizzazione di un testo come quello di cui sopra ne è una dimostrazione. Siamo per la libertà di parola, sicuramente non per l’introduzione del reato di opinione. Bisogna auspicare una maturazione della società per cui chiunque muova accuse nefaste e non circostanziate venga punito dai propri elettori, clienti e consumatori con il ritiro del supporto.
E poi c’è la grande sfida della cultura. Una conoscenza di base dei limiti dei poteri dello stato e del funzionamento delle istituzioni basterebbe a far capire che un “modulo” come quello per il diniego dell’isolamento del minore non ha alcun valore. Allo stesso modo non ha valore copiare e incollare messaggi in cui si diffida Facebook ad utilizzare le proprie foto. La percezione del reale non può prescindere dalla comprensione di alcuni confini e di alcune regole di funzionamento. Altrimenti ritorneremo al pensiero magico tipico di secoli passati da molto tempo.
Abbiamo ancora molta strada da fare per sviluppare gli anticorpi a questo tipo di virus. Ma dobbiamo lottare contro di esso come contro il COVID perché gli effetti possono essere ancora più distruttivi.