Nel 1949 ero un pigro studente che preparava il suo primo esame da universitario. Mio padre mi aveva mandato a Torcello per alcuni giorni alla Locanda Cipriani. Diceva che lì tra il verde delle tamerici e l’acqua lenta dei canali avrei studiato meglio. In famiglia aspettavano il risultato come il fatto che avrebbe determinato il mio futuro. Se fosse andato bene sarei diventato un avvocato. Dal 19 in giù l’immediata e definitiva destinazione sarebbe stato il sedile della cassa all’Harry’s Bar.Dove avrei conosciuto colui che mi avrebbe accompagnato da Torcello all’Harry’s Bar: Ernest Hemingway.
Gli anni prima di conoscere Hemingway
Ricordo quegli anni della vita come momenti di una libertà che avevo scoperto come un miracolo nel 1945 quando erano arrivate a Venezia le truppe alleate. La fine di un incubo che mi aveva inondato di una felicità che riempiva tutto quello che facevo. Compreso lo studio che esercitavo come uno dei tanti doni, senza pensare troppo al risultato. Studiavo diritto. Scoprivo l’esistenza e lo scopo delle regole. Molte delle quali erano state distrutte dalla dittatura. E così le consideravo come un gioco. Neanche tanto importante.
Chi era Hemingway per me? Non sapevo sarebbe stato un mio amico..e molto caro
Sapevo che alla Locanda abitava un grande scrittore americano. Ernest Hemingway. Dopo tre giorni nell’isola non l’avevo ancora visto. Non ne ero incuriosito. Allora leggevo furiosamente Erich Maria Remarque che raccontava la tragedia ebrea. Diceva mia Zia Gabriella che dirigeva il locale che lui si alzava prestissimo la mattina per andare a caccia di anatre in barena. Partiva con il fucile, a bordo di uno sciopòn. Vogava il vecchio Emilio. Un pescatore contadino di pochissime parole. Tornavano verso le 10 e lo scrittore andava subito in stanza. Poi verso le due partiva per Venezia.
Il mio primo incontro
Una mattina ero in giardino sul quale si affacciano le stanze del primo piano. Non ricordo cosa stessi facendo, ma lo sentii uscire sul terrazzino di legno. Alzai la testa e lui mi vide. Mi sorrise e mi disse. “Hello!” Non conoscevo ancora l’inglese così sorrisi anch’io e risposi “Buon giorno!”. Mi guardò per qualche istante poi alzò lo sguardo verso la Chiesa di Santa Fosca. Ma ebbi come l’impressione che il nostro brevissimo discorso non fosse finito con il saluto.
Accidenti all’inglese
Mi aveva guardato come un conoscente. Se avessi saputo la lingua, sono sicuro che avremmo continuato il discorso. Perché, come mi diceva mio padre, lui era fatto così. Come se stesse sempre aspettando qualcuno con cui parlare. Da allora sono passati 70 anni. Qualche volta ripenso a quel rapidissimo incontro. E lui è ancora lì.
Hemingway rivive grazie a Luca Pozza
E l’ho ritrovato nelle tavole di “Laguna Hemingway” del bravissimo Luca Pozza. Quello era proprio il viso del grande scrittore, quella era la locanda Cipriani a Torcello e quello era mio padre Giuseppe amico di Hemingway. Quello era l’Harry’s Bar di quegli anni, dove potevi trovare Orson Welles, Errol Flynn, la Dietrich, gli Ivancich…Il resto è affidato all’immaginazione dell’autore, alla sua storia che come tutte le storie ha la libertà del sogno.
Arrigo Cipriani