Primo fra le attività ad alta “concentrazione sociale” a chiudere nell’ormai lontano 23 febbraio, e ancora pressochè fermo fino alla fine di agosto, il cinema nelle sale cinematografiche ha subito uno shock da cui il recupero appare oggi ancora molto incerto. Infatti, l’industria del cinema, dalla produzione alla distribuzione, è più che mai una catena totalmente globalizzata. Il nostro mercato in condizioni normali si sostiene con una risibile quota di circa il 25% di cinema nazionale, per il resto è perlopiù produzione USA. Se ci si può consolare col mal comune, i cinema di tutto il mondo sono chiusi, e finché in America, purtroppo ancora in una fase di espansione del virus, non si riaprono le sale, le major hollywoodiane non fanno uscire i blockbuster in nessun territorio del pianeta.
Il cinema in Italia
Nella “piccola” Italia, intesa come valore del mercato cinema rispetto al resto del mondo, ci troviamo nel paradosso di una situazione di emergenza abbastanza normalizzata, in cui, con le opportune restrizioni, tutte le attività di spettacolo, cultura, intrattenimento, stanno via via riprendendo fiato. Ma le sale cinematografiche, riapribili per decreto dal 15 giugno, non hanno alcun nuovo film da offrire. Passi per la coincidenza con la bassa stagione estiva in cui storicamente le uscite dei film erano così rarefatte da sfiorare lo zero, ma tanto è il timore dei produttori italiani di ritrovarsi con l’onere di sostenere il mercato sulle loro già deboli spalle, che i “nuovi” film italiani, da Verdone a Bruno, da Mainetti a Moretti, tutti già pronti da tempo, sono già stati prudenzialmente spostati nei periodi considerati sicuri. Ossia dalla fine di ottobre in poi. Se non già nel 2021.
Al cinema hanno tolto la parola, come ai tempi del muto
Ecco quindi che nonostante l’indubbio sostegno del Mibact e una buona dose di indifferenza dei media, le sale non sanno ancora come affronteranno la sfida a riprendersi il proprio pubblico, stordito prima da mesi di indigestione da piattaforme televisive, poi indotto ancor più alle gioiose attività di ricongiungimento sociale all’aria aperta, dalle vetrine vuote delle sale, completamente prive, forse come neanche ai tempi dell’embargo fascista al cinema americano, di proposte di qualsiasi rilevanza commerciale.
La mostra di Venezia come salvagente?
Ci salverà l’attenzione mediatica sulla Mostra di Venezia, primo evento cinematografico di rilevanza mondiale del periodo “post”, se ottimisticamente così possiamo definirlo, Covid? Chissà, vista la piega del tutto autoriale che ha preso il concorso. Con ben quattro film italiani ineccepibilmente “d’autore”, e l’assenza di ogni evento e film glamour americano. Ma se mai si ricomincia a mettere il cinema nelle prime pagine e a riportare curiosità e interesse verso il valore del film nella sala cinematografica, rischiamo di ritrovarci un’altra vittima illustre dello sconvolgimento sociale creato dall’emergenza.
La rivoluzione del mercato
Fortunosamente, ossia grazie al destino comune dei cinema italiani e quelli di tanti paesi in cui il virus si è attenuato, le major americane stanno in questi giorni rivedendo le strategie di uscita. E si sta ventilando un’ipotesi di deroga alla mancanza dell’uscita in Usa con l’uscita in 70 paesi nel mondo di alcuni dei più attesi blockbuster dell’anno. Il nuovo thriller fantascientifico TENET di Christopher Nolan il 26 agosto, le produzioni Disney MULAN e la Marvel BLACK WIDOW tra settembre e ottobre. L’ultimo James Bond NO TIME TO DIE il 12 novembre. WONDER WOMAN 1984 il 3 ottobre.
Se così fosse, con così solida struttura portante possiamo immaginare che anche le uscite dei film italiani possano essere riviste e anticipate. E mettano in condizioni le sale di riaprire le porte al pubblico. Oggi distratto e forzatamente allontanato dalla magia della sala. Torneranno, ne siamo certi. Le ricorrenti crisi del cinema sono sempre state superate. Anche questa, che appare fatale, verrà cancellata semplicemente dalla forza emotiva di un film nella sala buia.
Gianantonio Furlan