Il calcio è cambiato: non solo il gioco, ma anche lo stile di chi siede in panchina. Prima di rispondere ai giornalisti Sarri dovrebbe ripassare la lezione di Scopigno. L’ironia non è mai un autogol. Non vorremmo apparire dei vecchi nostalgici di un calcio che non c’è e non tornerà più. Non si tratta di come è cambiato il nostro sport più popolare con la spalmatura delle partite per assecondare le televisioni, il mercato sempre aperto e gli ingaggi impazziti con conseguente estinzione del giocatore bandiera di un club. Tutto ciò fa parte di un cambiamento che ha toccato ogni sport. Parliamo dello stile, del contegno, della sportività, del rispetto dell’avversario e dei giornalisti che un personaggio pubblico e popolare come il mister deve avere.
Il mister Sarri
Parliamo, ad esempio, di Maurizio Sarri che in una recente conferenza stampa, alla precisa e legittima domanda sul calo della Juventus nelle ultime domande ha risposto: “Criticato anche se vinco lo scudetto? Forse sto sui coglioni a qualcuno. Mi interessa relativamente leggere le opinioni di altri su una materia in cui io ne so di più, almeno credo. So che difficoltà ci sono giornalmente e ho dei dati per saperne di più di chi esprime una opinione, che ritengo legittima ma mi interessa fino a un certo punto.”
Una risposta non da mister
Una risposta del genere è inutilmente offensiva per chi ascolta, siano essi tifosi o giornalisti. Un giornalista non è libero di esprimere i suoi dubbi sullo stato di salute della Juventus che nelle ultime partite non ha certo un ritmo da squadra collezionista di scudetti? Cinque punti nelle ultime partite e sconfitta a Udine che ha rimandato la festa per il titolo; una difesa diventata, in breve tempo, un colabrodo: non bastano questi fatti a legittimare le domande dei giornalisti a Sarri sulle ragioni della crisi?
Affermazioni non degne
Anche affermare di saperne di più dei giornalisti e di sbattersene delle loro opinioni è un’enorme mancanza di rispetto, oltre che un esercizio non richiesto di presunzione. Una volta, prima di lasciare il Napoli per il Chelsea, Sarri disse “voglio un bel contratto per far diventare ricca la mia famiglia.” A questa affermazione, nelle settimane successive, seguì la firma, per un contratto multimilionario con il club londinese. Tutto legittimo, tutto comprensibile, Sarri è un professionista, molto bravo peraltro, ed è giusto che ambisca a ciò. Ma forse si dimentica che i contratti ricchi sono direttamente proporzionali ai tifosi che seguono la squadra che te li ha fatti firmare.
Un esempio
Questo vuol dire che non alleni più il Sansovino, squadra di Monte San Savino, cittadina in provincia di Arezzo, dove lavorò Sarri anni addietro. Se alleni il Napoli, il Chelsea e la Juventus ogni tuo sospiro fa il giro del mondo e sei pagato anche per sottoporti al fuoco delle domande scomode. Sarri, però, è in buona compagnia in questo campionato nel campionato su chi è più maleducato, o meno educato. Pensiamo al forbito dialogo tra Mihajlovic e Gasperini durante la recente partita tra Atalante e Bologna con urla e insulti a bordo campo. Forse i due, con gli stadi vuoti, hanno sentito la mancanza dei cori degli ultras.
Il Mister Scopigno
Tornando alla nostra iniziale nostalgia per lo stile di alcuni personaggi del passato, cosa avrebbe dovuto dire Enzo Bearzot, distrutto e offeso dalla stampa prima del trionfo al mondiale di Spagna nel 1982? O Dino Zoff, denigrato da Silvio Berlusconi dopo la sconfitta i finale ai campionati europei contro la Francia? O Trapattoni, che ha avuto per decenni una stampa che l’ha attaccato in modo strumentale per essere un seguace del catenaccio. Si vada a rileggere Sarri le interviste a Manlio Scopigno, l’allenatore filosofo del Cagliari campione d’Italia nel 1970, che rispondeva sempre alle domande, comode o scomode che fossero, o al massimo le dribblava con una battuta umoristica. Certo, per farlo, ci voleva classe.
di Domenico Ciotti